Nella piazza di Racalmuto si discute, si discute sempre, e
per FORTUNA! Segno che le menti sono attive e non assuefatte all'oppio
dell'indolenza e della noia e che la santa Democrazia ancora vige. Il più bel
passatempo è criticare, a volte si vedono gruppetti che si accapigliano o si
ergono a giudici di situazioni reali o fantomatiche. A volte la realtà supera
la fantasia o la fantasia si assoggetta alla realtà. Di sicuro la parola ha un
valore ipnotico, una frase ripetuta
all'infinito finisce per prendere il posto della realtà. Le turbolenze
in questi giorni si sono addensate proprio sulla piazza, stavolta la novità che
ha sconvolto il monotono scorrere del tempo, in una dimensione di vita paesana
è lo smantellamento della fontana. Come sempre l'opinione dei racalmutesi si è
spaccata in due correnti, come si discusse tanto quando si collocò la statua di
Sciascia sul marciapiede del corso, c'era chi la voleva su un piedistallo, chi
in municipio, chi alla fondazione ecc.....
L'opinione si spaccò in due anche quando collocarono in
piazza questa stessa fontana con i delfini, rovinando l'agorà di Racalmuto, dove
anche allora si passeggiava e si discuteva. I racalmutesi sono abitudinari e
refrattari ai cambiamenti, indipendentemente dal fatto che questo porta miglioramento
o peggioramento. Ogni cosa, col tempo, diventa un'abitudine di cui non si può
fare a meno, forse perché una generazione è nata con questa fontana, e l'ha
sempre vista lì al suo posto, magari da piccoli i propri genitori li portavano
a vedere la fontana e a dar da mangiare ai pesciolini, che a furia di
mollichine si erano ingrassati come delle cernie. Solo gli anziani, la
generazione precedente alla mia, si ricordano la piazzetta ornata di
tavolinetti ed ombrelloni, dove venivano serviti i taralli di “Piuzzu” e gli
spumoni. Quegli anziani che hanno imprecato, quando la piazzetta è stata
smantellata per collocarvi quella non proprio artistica fontana, non stiamo
parlando di una fontana del Bernini, ma di un manufatto industriale e
dozzinale; anzi allora le malelingue bisbigliavano che questa fontana era
destinata ad uso privato. Ma nessuno sta discutendo del valore storico e
architettonico di una piazza seicentesca, chiamata “lu cuddaru”, citata
nelle testimonianze storiche, e nei versi di Serafino Amabile Guastella: “'nfami
ca fusti misu a lu cuddaru, manciatu di li muschi pi' tri uri”. In questa
piazza in epoca dell'Inquisizione, lu Sant'Uffiziu, era collocato un
palo con un collare di ferro, al quale veniva legato il povero condannato,
accusato di colpe che potevano essere: bestemmie, adulterio, concubinaggio,
inosservanza del digiuno o amori giovanili, insomma cose attualmente risibili,
e cosparso di miele veniva lasciato al tormento degli insetti per tre ore. Per
molto tempo rimase nella memoria storica quel macabro spettacolo. Ma questa è
un'altra storia, storia vecchia!!!
(Iolanda Salemi)
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