martedì 7 settembre 2010

Strani-nostrani: il sogno di una Sicilia noiosa. (Giovanni Salvo - Grandangolo)

Una bella sera del mese di agosto una di quelle in cui non senti ne caldo ne freddo.
Un androne antico, luogo adatto per la presentazione di un libro, come quello del Palazzo dei Filippini di Agrigento.
Un gruppo di amici con il pallino della cultura e tra questi, l'autore del libro "strani nostrani", il giornalista racalmutese Gaetano Savatteri.
Una serata, pullulante di un pubblico attento e divertito, in cui è mancato solo l'odore del gelsomino e il canto dei grilli supplito egregiamente dal trillare del mio vicino di sedia contento di far sapere del suo ultimo sforzo letterario che pare essere, se non ho capito male, addirittura un trattato.
Qualche sedia più in là il garrire dello spettatore poeta che preannunziava il suo nuovo volumetto di poesie; nel frattempo nel bel mezzo del chiostro, sulla bocca del pozzo dei Filippini, stesi uno accanto all’altro, i libri di Savatteri, caldi caldi , pronti a stuzzicarne l'inizio della lettura.
In fondo iniziare a leggiucchiare subito, seduta stante, oltre ad aiutarci a capire di cosa stiamo parlando, ci da quel non so che di aria interessata, intellettuale.
Non potendo fare a meno di parlare della sua Sicilia, l’autore del libro, nel suo discorso introduttivo ha evidenziato il fatto che noi siciliani siamo fatti così, spesso ci sentiamo diversi da quello che siamo.
In realtà è proprio vero che se pitturiamo un muro ci sentiamo artisti, se facciamo i sindaci vorremmo essere deputati, se facciamo gli strilloni ci sentiamo giornalisti, se assistiamo alla presentazione di un libro ci atteggiamo ad intellettuali.
Il lavoro di Savatteri è molto carino, frutto di una raccolta di articoli che mensilmente pubblica su di una rivista regionale, un modo per onorare coloro i quali riescono nel loro intento.
Uno spaccato di una Sicilia positiva lontana dagli eccessi dell’essere siciliani, "troppo mafiosi o troppo antimafiosi".
Un atto di speranza attraverso la ricerca della giusta misura, ossia quella normalità che le microstorie dei trentasei personaggi "strani e nostrani", descritti e narrati nel libro, dimostrano ampiamente possa esistere.
Dunque il sogno di un isola normale, anche a costo di desiderala noiosa, che pare avere esasperato l'autore "stanco di sentire ripetere vizi e virtù della sicula specie".
Per Savatteri “strani” non sono quei personaggi stravaganti, strambi, astrusi che è possibile trovare in ogni paese siciliano, bensì quelli “nostrani” che seppur normali sono "strani" e dunque da ricordare per il merito di essere riusciti nella vita a ritagliarsi il proprio ruolo.
Trovato il prorio autore, almeno in un paio dei casi nelle storie narrate da Savatteri, i personaggi apparterrebbero ad una Sicilia che esprime tutta la sua positività con dei fatti concreti.
Il libro, per la consistenza dei personaggi vincenti, se non fosse stato scritto da una penna autorevole, come quella di Gaetano Savatteri, avrebbe avuto tutti i crismi della ruffianata.
L’incoraggiamento del critico d’arte che da vita alla simpatica vicenda del postino di Comitini il quale dando sfogo alla propria pazzia lascia il posto di lavoro sicuro per dedicarsi alla pittura a tempo pieno.
La vicenda di un giovane agrigentino, Dalli Cardillo, amante del canto, baritono diplomato al conservatorio che, come si legge nel libro, “senza uno straccio di raccomandazione di un monsignore”, ma soltanto partecipando ad un concorso, è diventato corista della Cappella Sistina.
Storia colorata dalla battuta << E chi è quel signore vestito di bianco accanto a Peppino?>> ogni volta che la televisione, durante le funzioni, inquadra il coro privato del Papa.
Vicenda servita anche ad apprendere che il maestro direttore della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” fosse un siciliano, Monsignor Giuseppe Liberto, presente come i personaggi del libro alla manifestazione.
Particolarità della serata alla quale erano presenti tutti: scrittori,autori e personaggi.
Grazie al giornalista racalmutese abbiamo potuto assistere dunque alla pirandelliana materializzazione della ricerca dell’autore e il conseguente ritrovamenteo del personaggio.
Non dimentico, in questo mio sforzo narrativo, di stare scrivendo attraverso un giornale come Grandangolo dove spesso la verità è più cruda della fantasia, pertanto sono quasi costretto ad abbandonare quel tanto di buonismo il quale renderebbe questo mio intervento una semplice recensione.
Cosciente che "nulla è più complicato della sincerità", esimendomi dal polemizzare, dato l'amicizia antica che mi lega a Gaetano, rischierei di fare la parte dell'adulatore di turno.
Poi essere buoni su Grandangolo è come volere addensare un budino, cercando di rapprenderlo su dei carboni ardenti.
Approfitterò dunque del mio affetto per l'autore per dire liberamente la mia.
Secondo Savatteri l’estrapolazione di una frase da un qualsiasi romanzo, seppur brillante, può svilirne il senso e finire per creare un alibi di vita.
E questo avremmo fatto noi Siciliani con il romanzo di Tomasi di Lampeedusa.
Se fosse stato un dibattito interlocutorio e se dopo la presentazione il mio amico Gaetano, di cui vado orgoglioso, non fosse stato tanto impegnato a rilasciare dediche ed autografi, mi sarebbe piaciuto chiedergli se il suo appello ad uscire fuori dagli “schemi generali” vuole essere l'invito a rivedere il pessimismo espresso, nel tempo, da molti autori siciliani.
Cambiare tutto per non cambiare nulla è un alibi se pensiamo alla delusione provocata da taluni amministratori, talvolta giovani, che perseverano ad amministrare il proprio territorio con molta approssimazione.
Parlando del nostro paese, cosa possiamo fare dinanzi all’indifferenza di sindaci nostrani che non si mobilitano e lasciano che a ridosso dell’impianto sportivo principale, lo Stadio La Mantia di Racalmuto, giacciano cumuli di amianto.
Cosa dire sull’immobilismo della Fondazione Leonardo Sciascia divenuta, come scongiurato al momento della sua istituzione, un mausoleo di ovvietà.
Se il Gattopardo è stato una bella ispirazione e se non dobbiamo dunque servirci degli eventi passati per meglio leggere quelli futuri e non dobbiamo dunque considerare "la cinica realtà" , che dobbiamo fare?
Al di la delle belle serate, rischiamo, non tenendo conto del mondo reale, di sfociare nel narcisismo e dunque di produrre soltanto idee morte, noia, sogni e fanatismo?
Giovanni Salvo

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