venerdì 18 settembre 2009

Fabrizio Mantione: La programmazione comunitaria per lo sviluppo della Sicilia, limiti e obiettivi da raggiungere.


Il terzo periodo dell’europeizzazione che va dal 1996 al 2000, è stato caratterizzato da una nuova politica di sviluppo definita “nuova programmazione”, a indicare il superamento del vuoto strategico dei primi anni novanta e, al contempo, un nuovo approccio ai problemi del ritardo allo sviluppo.
Il modello di sviluppo prescelto per l’area meridionale è quello che potrebbe essere definito “sviluppo endogeno compatibile”, dove da un lato si attiva la convergenza tra i territori, e, pone attenzione al processo di crescita, e agli aspetti ambientali.
Nel precedente ciclo di programmazione comunitaria 2000-2006, gli assi prioritari prescelti hanno avuto una spiccata configurazione territoriale; centralità del territorio che si focalizzano sulle risorse da mobilitare, sui luoghi cruciali per lo sviluppo e sui sistemi di connessione.
Mentre la strategia generale di sviluppo nel nuovo periodo di programmazione del periodo 2007-2013 emerge dalla collocazione geo-economica della Sicilia che se da un lato deve guardare al Mediterraneo come occasione di sviluppo, dall'altro deve realisticamente puntare, nell'attuare la propria strategia mediterranea, sui segmenti di attività in cui possa interpretare un ruolo propositivo e in cui possa realmente essere conseguito un vantaggio competitivo anche nel breve-medio periodo.
Gli obiettivi della nuova programmazione sono sostanzialmente tre:
Convergenza;Competitività e occupazione;Cooperazione territoriale europea.
Gli strumenti finanziari per perseguire tali obbiettivi sono:FESRFSE, Fondo di coesione. Inoltre altri due fondi non strutturali:FEASR, per lo sviluppo rurale e l’agricoltura; FEP, per la pesca e l’ambiente marino.Le tre principali dimensioni territoriali su cui si basano i processi di sviluppo sono: i sistemi urbani, i sistemi produttivi locali e le aree rurali.
I piani strategici interessano principalmente le aree con una maggiore densità di popolazione residente, mentre le restanti aree possono essere interessate indirettamente, solo se facenti parte di una strategia programmatica comune che abbia una contiguità territoriale o settoriale. Da ciò appare evidente la differenza tra le “aree rurali con problemi complessivi di sviluppo”, e le aree che invece non vengono in alcun modo interessate dall’azione dei piani strategici.
Questi squilibri hanno determinato la nascita di aree marginali a forte declino demografico a forte rischio di abbandono. E’ importante dunque definire lo spazio d’azione delle politiche urbane e territoriali che dovrà fare riferimento, non soltanto alla dimensione degli ambiti urbani (grandi, medi e piccoli centri) ma anche alla caratterizzazione delle funzioni (produttiva, servizi, ricerca, formazione, culturale, ecc.) e delle relazioni territoriali (aree urbane multipolari, bacini di gravitazione o di pendolarismo, ecc.).
La nuova programmazione è attenta anche alla cooperazione dei paesi del mediterraneo da questo appare essenziale la cooperazione fra i Paesi arabi della sponda Sud e i Paesi mediterranei europei. La presunta apertura della zona di libero scambio euromediterranea nel 2010 potrebbe offrire un grosso stimolo a tale cooperazione.
I modelli di cooperazione tra i territori traggono origine dall’obbiettivo di creare un sistema di regioni in grado di rispondere alle sfide poste dalla globalizzazione, individuando la chiave di equilibrio territoriale per perseguire, e raggiungere, l’integrazione tra i Fondi FESR, FSE ed il FEASR. Si prospetta, così, la creazione di catene di produzione euro – mediterranee (Euro-Mediterranean Commodity Chains). L’integrazione che a mio avviso può raggiungersi solo con rapporti di scambio e cooperazione che contribuiranno alla crescita delle capacità tecnologiche e produttive dei sistemi meno avanzati.
A fronte delle possibilità e prospettive di crescita resta indubbio, l’attività svolta dai grandi e piccoli centri per riuscire ad attivare le risorse poste in essere dai singoli Assi; ad oggi di questi, poche iniziative sono state realizzate o sono in fase di programmazione, mentre a fronte della vecchia programmazione comunitaria sono stati tante le risorse tornate alla comunità quindi inutilizzate per mancanza di idee e condizioni, e molti altri ancora sono stati bloccati perché intercettate in attività non veritiere.
C’è ancora tanto da lavorare e tanto da poter sfruttare. La Sicilia è coinvolta nei processi di sviluppo e adesso non ci si può più lamentare che non arrivano fondi, basta saperli coglierli e sfruttarli.
Anche da piccole cose si potrà vedere uno spiraglio per il futuro.
Con la giusta politica e le giuste azioni sono sicuro che si può ridurre il divario e avanzare.
Forse non è più il tempo di operare la programmazione secondo logiche burocratiche, rispettose o meno delle norme dettate dall’istanza superiore, quanto piuttosto, ricorrere al principio della sussidiarietà ovvero: la responsabilità di tutti partendo dal basso, verso obbiettivi condivisi. Sul piano tecnico della programmazione questo significa generare, effettivamente, un flusso di decisioni di tipo circolare (e non gerarchico/verticale) che non si interrompa mai, e che tenda ai grandi obbiettivi dello sviluppo sostenibile, e sostenuto in quantità e qualità adeguate.
Fabrizio Mantione
Laureato in economia e finanza
Lavora in accenture finance nella divisione di milano

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