domenica 27 novembre 2011

RACALMUTO. Gli studenti della 5^ B del liceo scientifico di Canicattì intervengono sull'Affaire Moro di Sciascia.

INTERVENTO CONVEGNO SCIASCIA
(26 novembre 2011)

Buongiorno Regalpetra libera. Sono Mauro Fontana, alunno della 5°B del liceo scientifico “Antonino Sciascia” di Canicattì. Insieme alla mia compagna Laura Baldacchino, e coadiuvati dalla professoressa Nicoletta Marchese, che ci ha stimolati ad approfondire la tematica oggetto del convegno, abbiamo realizzato questa tesina sul l’Affaire Moro di Leonardo Sciascia.

L’Affaire Moro non ci è sembrato un libro, non ci è sembrato un romanzo. Nell’Affaire Moro non abbiamo visto Sicilia di Sciascia, ma un’aspra pagina della storia italiana. Leggere il libro ci ha fatto riflettere, oltre che conoscere meglio la vicenda, la cruda realtà dell’Italia di appena trent’anni fa.
Sciascia, con la sua “maschera da detective”, non vuole semplicemente raccontare la cronologia del rapimento, ma vuole fare un’analisi della realtà politica che egli, da politico, viveva in prima persona.


La tragedia forse più inquietante degli ultimi trent’anni della storia italiana viene letta da Sciascia fondamentalmente come un dramma linguistico. Al centro delpamphlet stanno le lettere di Aldo Moro, e tuttavia quei “manoscritti ritrovati” presso le sedi dei più importanti quotidiani italiani e quindi divenuti pubblici. I “documenti del contrappasso” – così Sciascia definisce le lettere inviate da Moro – e il “frangiflutti” rappresentato dal dizionario del Tommaseo si presentano come le due immagini della scrittura che si fronteggiano nella battaglia messa in scena fra le pagine dell’Affaire. Ecco perché il compito che il narratore assume sin dall’inizio è quello di traduttore interprete dell’enigmatico linguaggio del non dire, attraverso cui Moro tenta di comunicare nei suoi ultimi giorni, e attraverso cui si compie il suo destino.

La comparsa, già a partire dal 18 marzo, a due giorni dal rapimento, dell’espressione “grande statista”, con cui viene designato da più Parti Moro, è considerata da Sciascia il micro-avvenimento iniziale, in quanto costituisce la prima mossa messa in atto dai compagni di partito e dai rappresentanti del governo in funzione della creazione della maschera del “falso Moro”, del Moro, per dirla pirandellianamente, “uno e due”.

Nell’Affaire Moro Sciascia non fa altro che invitare il lettore a diffidare dalle facili conclusioni, a cercare gli indizi nascosti nella scrittura, a rileggere “i capitoli sospetti e scoprire un’altra soluzione, la vera”.

A tal proposito abbiamo deciso di analizzare il pensiero mutato di Moro in quei cinquantacinque giorni, non trascurando il dramma che la famiglia visse, la stessa famiglia che oggi cerca ancora delle risposte dallo Stato, quello Stato che, secondo Pasolini, risente più di tutti della “scomparsa delle lucciole”.

In conclusione, voglio leggervi un’affermazione di Giovanni Moro, figlio del grande statista:

“Io ho due figli, di dieci e otto anni.
Mi hanno chiesto tante volte del nonno.
Ho tentato di rispondere e ho spiegato
che non è un problema nostro privato,
è un problema della democrazia,
un problema insoluto
che riguarda il nostro paese”

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