giovedì 2 dicembre 2010

LA POLITICA DEL NON SENSO

Volendo far finta che a Roma il parlamento non c'è; che a Palermo il parlamento non c'è; che ad Agrigento non c'è D'orsi, vorrei far finta che a Racalmuto, " il mio paese" qualcuno c'è.
E se è vero, per com'è vero, che la politica ormai è solamente matematica applicata mi piacerebbe pensare che i conti tornassero e invece, perquanto la matematica è matematica, i conti non tornano.
In teoria, chi vince le elezioni riceve l'ordine popolare di governare, quindi governa; chi perde riceve l'ordine di controllare che il governo funzioni e di opporsi quando questo non riga per il verso giusto. Cioè, quando si va oltre l'nteresse generale l'opposizione sottolinea, espone e propone; talvolta, quando i sordi sono più sordi del dovuto, denuncia.
E non solo le minoranze consiliari hanno il compito di opporsi, ma quelle sociali racchiuse nei circoli, nelle associazioni,nei gruppi di volontariato, nonchè nelle nicchie culturali, se ve ne sono. Nessuno,quindi, si allarmi se in un contesto che si vuol ritenere civile da più parti insorgono voci di dissenso. Non è serio dare alla contestazione il significato di guerriglia e non è serio contestare con i metodi da guerriglia. La ricerca del dialogo, per quanto difficile, in questo momento appare l'unica via da perseguire, nel rispetto dei ruoli che ognuno ricopre, nel pubblico e nel privato. Questo paese, il nostro paese, appartiene a tutti e non è di nessuno. Chiunque pensa che l'aver ricevuto cento suffraggi possa dargli il senso del possesso è,indubbiamente, fuori dal seminato e farebbe bene a cambiare atteggiamento, per se stesso, per i propri figli e per l'intera società. Serve appacificare la politica, dentro e fuori le mura; serve ragionamento; serve riconoscere l'uno all'altro il diritto di esserci; ne si può pensare che i risultati elettorali ottenuti per il solo fatto di aver sottolineato errori degli altri, legittimi qualcuno a pascere nei medesimi errori, ciò non è un modo intelligente di far politica, i nodi vengono sempre al pettine quando il pettine viene fuori.Oggi, la politica è debole e tanto più è debole tanto più ha bisogno di far la voce grossa; quando si ha torto serve alzare la voce per disorientare l'interlocutore, ma ciò spesso non paga.Cosa serve allora? Che ognuno faccia la propria parte, nel tentativo estremo di ricucire un tessuto politico ridotto a straccio da un dibattito scadente e privo di senso, anzi pregno di non senso.
 Carmelo Mulè

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