domenica 26 settembre 2010

Ricordando un grande tenore Racalmutese: Luigi Infantino

Luigi Infantino
di Carmelo Sciascia

Un tiepido pomeriggio di settembre, sul Pubblico Passeggio. Un incontro, uno di quelli che ti riempiono la giornata, perché si parla di storie interessanti, di storie in parte già sentite, ed ascolti, mentre vaghi con la mente in tempi e luoghi oramai lontani e dimenticati. Ho rivisto Angelo, pasticciere e poeta, anzi ex pasticciere, poeta sempre! Lo avevo conosciuto tanti, non so più quanti anni addietro, casualmente, ero entrato in una pasticceria in via Dante. Alla parete faceva bella mostra di sé, una foto di Ignazio Buttitta, che a Piacenza era stato in quel periodo.
Al piacere del palato, la dolcezza dei pasticcini, si univa, nel mentre, il piacere dell’udito: il parlare di poesia.
Aveva l’Angelo pubblicato un libro di poesie con prefazione del poeta di Bagheria. L’altro ieri l’ho rincontrato.(dall’incontro accennato saranno passati almeno vent’anni…appena).
Si è ricordato che ero di Racalmuto ed ha iniziato a raccontarmi una bella storia.
Carmelo Sciascia
Siamo a Parma, correva l’anno 1943, si trova a Parma in quegli anni, un certo Luigi Infantino. Nome che poco dirà ai più, ma che gli amanti della lirica ricorderanno ancora, se non altro per il lusinghiero giudizio che ne diede Luciano Pavarotti che l’aveva riconosciuto tra i suoi maestri, definendolo: “Il tenore della grazia”. Siamo a Parma dicevo, correva l’anno 1943, Infantino studia canto, debutterà al Teatro Regio, nei panni di Rodolfo nella Bohème di Puccini. Infantino, un siciliano, di Racalmuto, che debutta nel Ducato con un libretto scritto da un piacentino: Luigi Illica (anche se in collaborazione con Giuseppe Giocosa, per esattezza). Ed io mi ritrovo a parlare a Piacenza con un tal Angelo da Spigarolo, di un personaggio di cui ho sempre sentito narrare le gesta canore, perché tra i paesani illustri annoverato.

Infantino era nato nel 1921 a Racalmuto, precisamente il 24 Aprile, compagno di scuola ed amico di infanzia dello scrittore, di quel tale Leonardo che con le Parrocchie di Regalpetra, di quel paese e di quel periodo, aveva tracciato un mirabile ritratto. “Sicilia amara e duci” è un album di canti popolari siciliani, cantati e rivisitati dallo stesso Infantino, che reca sul retro di copertina una presentazione di Leonardo Sciascia, mentre nella copertina una rappresentazione (un fico d’india) di Renato Guttuso.

Infantino da ragazzo studia musica, il flauto in particolare. Entra a far parte della banda del paese. Comincia a studiare canto all’età di 16 anni, studio ben presto interrotto perché vincitore di un concorso di flautista che gli permette di entrare nella Banda della Regia Marina e si trasferisce a La Spezia. Seguono gli anni bui della seconda guerra mondiale.
“Il governo italiano riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intendo di risparmiare ulteriori più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto l’armistizio…” , così inizia il proclama di Badoglio dell’armistizio dell’8 settembre del 43.
Sappiamo quali conseguenze ebbero quella data, quelle parole, sugli italiani tutti e particolarmente sui militari in quel periodo! Infantino si trovava da militare della marina a studiare canto, con Italo Brancucci al Conservatorio di Parma, e da lì parte il racconto o meglio i ricordi di Angelo, poeta, ex pasticciere.
Angelo ha una sorella, una ragazza mora, dallo sguardo profondo, dal sorriso pronto dietro una espressione seria, come si addice ad una ragazza che in quel periodo frequenta la scuola d’arte “Toschi” a Parma. Alta un metro e settantacinque, atteggiamento fiero, non poteva di certo sfuggire allo sguardo di un giovane artista. I due si conobbero, si frequentarono, fintanto che, nella tarda mattinata del 25 maggio 1944, cento bombardieri angloamericani piombano su Parma, contrastati da pochi caccia Macchi italiani e Stukas tedeschi, colpita dalle bombe la scuola Toschi, resa inagibile chiude.
Paola, questo il nome della ragazza, torna a casa, a Spigarolo, una frazione a due chilometri da Busseto, comune cui appartiene. E lì trova sistemazione provvisoria anche l’Infantino.
A casa di Don Giuseppe Piccoli, parroco di Spigarolo dall’anno precedente, per intercessione della Paola, sorella maggiore di Angelo.
Infantino continua a studiare accompagnandosi con un pianoforte della parrocchia, e rimane a Spigarolo circa due anni. Lascia il paese nel maggio del 45, avrebbe voluto sposare la Paola, ma la famiglia non vede questo rapporto di buon occhio, perché corteggiava nel frattempo la ragazza anche un piccolo proprietario terriero della zona, che vita più agiata avrebbe fatto condurre alla loro figliola, meglio sicuramente di un artista squattrinato.
Il teatro alla Scala, era stato bombardato nella notte tra il 15 ed il 16 maggio del ’43 (nell’ambito sempre dei famosi bombardamenti alleati delle città italiane, oggi si direbbe colpite da fuoco “amico”), era stato comunque riaperto l’undici maggio del 1946 con un concerto memorabile di Arturo Toscanini.
Il 26 dicembre dello stesso anno vi debutta Luigi Infantino (mentre, alcune note riferisco di un suo debutto alla Scala nel 48,come Nadir in les pescheurs de perles), a noi piace, come suggerisce Angelo, ricordare il suo debutto nel 46. E per un semplice motivo.
Paola si era nel frattempo sposata, un bel matrimonio, era stata in viaggio di nozze a Stresa sul lago Maggiore, quando a Stresa si svolgeva, nel 46, il Concorso di Miss Italia.
In una giornata di settembre di quello stesso anno, in una casa di campagna di Spigarolo, frazione di Busseto, si ferma una macchina.
L’auto è una Lancia Aprilia, la casa quella di Paola.
Scendono dall’auto tre personaggi: Luigi Infantino in smoking, Margherita Carosio, soprano e più tardi attrice, Carlo Tagliabue baritono ed un quarto personaggi che Angelo ricorda essere un non meglio identificato direttore d’orchestra. Il Nostro appena sceso dall’auto chiede di Paola, ed appresa la notizia del suo sposalizio, si commuove e… riparte.
Paola in seguito ad alterne vicende economiche della famiglia, memore delle sue qualità creative ed artistiche, ricordate? Aveva frequentato il “Toschi” a Parma, si trova a frequentare a Milano, cinque, sei anni dopo, una scuola di “figurismo” così si chiamava allora, una scuola da stilista si direbbe oggi.
E chissà, probabilmente, a Milano dove la Paola frequentava detta scuola i due si saranno rivisti. Ed anche più volte!
Gli ingredienti ci sono tutti: la musica, il canto, la storia d’amore con tutti gli annessi e connessi, la nostalgia, l’aneddoto e la storia, ditemi se questo non è melodramma!
Si può ancora ascoltare il canto di una voce attraente e raffinata come fu quella di Luigi Infantino, grazie alle vecchie edizioni (EMI, 1946 - La Traviata - Cetra, 1950 -Il barbiere di Siviglia-), a me piace pensarlo, quando entro al Teatro Regina Margherita di Racalmuto, sul palcoscenico, mentre canta Edgardo in Lucia di Maria Callas, nella Lucia di Lammermoor come alla Fenice di Venezia nel ’54, mentre emettevo i primi vagiti!

Carmelo Sciascia

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