lunedì 5 luglio 2010

VENTI DI SILINCONIA: L’OPPOSIZIONE, FUORI DAL COMUNE,FA POESIA - la penna di Giovanni Salvo su Grandangolo del 3 luglio 2010


Non solo semplice assonanza pessimistica con la malinconia che ti prende quando vuoi provare a fare qualcosa per migliorare la tua società e non riesci a cambiare nulla.
La Silinconia, è l’angoscia che assale quando ci rendiamo conto che molto spesso è complicato modificare le cose che non vanno in questa nostra terra matrigna, che di frequente non da quel che potrebbe dare ai figli suoi.
Silinconica inquietudine è l’abbattimento, come il tedio che ci assale quando ci accorgiamo che non basta la nostra onestà ad infrangere le fitte e violente folate di vento della slealtà altrui, che spesso ci travolgono, ci abbattono e ci spazzano via. (((((((((((continua))))))))))))))
Penso sia stata questa considerazione ad avere ispirato il poeta racalmutese Piero Carbone a scrivere un libro di poesie dal titolo “venti di silinconia”.
Il volume, edito da Medinova, è stato premiato da una giuria qualificata, che gli ha conferito il premio della poesia dialettale Martoglio città di Grotte.
La storia potrebbe apparire sovrapponibile a tante altre che hanno influenzato poeti di ogni dove.
Ciò sarebbe possibile solo se il nobile spunto non fosse stato dato dalla politica, in particolare dai miserabili arrabattanti e frequenti cambi di assessori, che hanno caratterizzato l’attuale amministrazione comunale di Racalmuto.
Il Prof. Carbone, cacciato inspiegabilmente dopo appena pochi mesi dal suo incarico di assessore alla cultura, per via dei soliti sporchi giochi di potere, ha pensato bene di tirarsi fuori dal mucchio ed esprimere il proprio dissenso a suo modo, semplicemente coi versi.
L’ex amministratore, a causa del torto subito, ha rimato sapientemente e con saggezza, in stretta lingua racalmutese, tutto il suo risentimento.
Avrà meditato bene, il nostro Cirano, prima di infilare la sua penna “ben dentro il nostro orgoglio” e lanciare il suo messaggio di sdegno verso quel potere costituito, in particolare verso quello vigliaccamente trasversale e voltagabbana che non teme nulla, che non esita a tritarti una volta che ti avvicini: “godetevi il successo godete fin che dura che il popolo è ammaestrato e non vi fa paura”.
Una maggioranza politica che si ribalta, utilizzando i voti degli oppositori e che fa scempio di quei volti puliti utilizzati solo per ingannare gli elettori.
Furbi, galantuomini o facciuoli stu cangia e scangia unn’è democrezia è na pigliata…n giru a ttia e a mmia.
Non stiamo raccontando una storia di un luogo qualunque, che sboccia in un paese qualsiasi, dove il letame non da fiori.
Siamo nella Regalpetra sciasciana dove qualcuno, molto autorevole, un giorno disse: “Tutti amiamo il luogo in cui siamo nati e siamo portati ad esaltarlo. Ma Racalmuto è davvero un paese straordinario.
La straordinarietà di una cittadina strana, incredibile, sorprendente, strabiliante, sbalorditiva, inaudita, a tratti stupefacente, ma pur sempre prodigiosa.
Il prodigio di Sciascia che pur non stimando forse tanto i racalmutesi, rese personaggi i don, acuti sparlettieri, del circolo dei nobili di Regalpetra.
Straordinario come il talento dello scrittore, sempre di Racalmuto, Gaetano Savatteri che dopo i noti fatti di mafia, dalle ceneri redente, ha saputo trarre lo spunto per un libro “ I ragazzi di reagalpetra” che oggi viene proposto e letto anche nelle scuole.
Fuori dal comune come il modo scelto dal poeta Piero Carbone di portare avanti la sua protesta contro quei politici che lo avrebbero tradito, sfruttato, deluso.
E così questa volta Racalmuto da Regalpetra diventa, per noi amanti della poesia dialettale, Racalò.
Sapiti comu fannu a Racalò? Scrivinu li nomi ntra un registru di li politici a tiempu di elezzioni, di ognunu fannu un bellu tabbutu e lu sarbanu sutta un catarratu.
Il libro è stato presentato ed apprezzato in varie parti della Sicilia, ma non è ancora stato promosso a Racalmuto, paese ispiratore; non si capisce per quale motivo o forse si capisce bene il perché.
Probabilmente non è ancora capitato oppure, come avviene nei casi di sdegno, il poeta non vuole più sentire manco l’odore di quello che non esita a definire fra i suoi versi, seppur poeticamente: “paisazzu”.
Vicende giudiziarie in corso che riguardano comportamenti equivoci di politici ed impiegati comunali; un consiglio spaccato nettamente in due sul fenomeno droga, dieci consiglieri comunali contrari e dieci favorevoli, posizionati sul fronte antiproibizionista.
In mezzo troviamo però la poesia di Piero Carbone che denuncia con i suoi versi il popolo di Racalò ed i comportamenti scorretti di coloro che tradiscono sistematicamente i propri elettori e passano da una parte politica all’altra, con disinvoltura.
La curpa? Prestu vi lu dicu duoppu vutati cangiaru arrie partitu.
A Racalò con una cerimonia a metà tra festa e funerale, sfilando con in testa il prete, la banda, tra le baracchelle di “miricani e simenza”, i politici traditori vengono simbolicamente portati in processione; cancellati e buttati via.
Una solennità contraddittoria, tra la gioia e il disprezzo, concessa solo ai poeti.
Dopo averli deletati dai registri anagrafici del comune e dunque dalle liste elettorali, una bara vuota, con il loro nome e cognome scolpito sopra, viene portata in processione per le vie di Racalò.
La cassa da morto verrà sfracellata alla fine della processione, facendola rotolare per il dirupo più alto del paese “lu pizzu di Don Elia”.
Contra li trunchi li rocchi e purrazzi si vannu a sbattiri tavuli e lapazzi.
L’ultimo epilogo, della presentazione del libro di poesie di Carbone, si è avuto la scorsa settimana presso le fabbriche chiaramontane della basilica dell’immacolata di Agrigento, alla presenza dei vecchi compagni di liceo del poeta, tra i quali l’assessore provinciale Settimio Cantone e Don Angelo Chillura, responsabile della struttura.
Non è mancata la testimonianza del Vescovo di Patti, Ignazio Zambito, nella veste di ex professore della III E , che ha segnato la sua presenza con una lettera simpatica fatta pervenire ai suoi vecchi alunni, mediante la quale, “scherzi da prete”, ha giustificato la sua assenza benchè solamente fisica.
Esaustiva la lectio magistralis del poeta e saggista Nino Agnello che ha aiutato i presenti a cogliere gli aspetti, stilisticamente reconditi, di una poesia pregevole, atta ad osservare la società siciliana, da una prospettiva diversa.
Visione che ha costretto il Prof. Carbone, nella qualità di poeta e non più di politico ingiustamente ripudiato, a porsi su di un piano più alto.
Elevatura che gli ha consentito di osservare la società racalmutese dal “primo piano”, usando il dialetto e facendo tesoro della storia passata, riuscendo nel suo poetico intendo, ossia quello di dimostrare che l’oggi non è sempre migliore del ieri.
Considerazioni poeticamente retrospettive, non più nella stretta veste di politico defraudato, ma in quella più comoda e consona di poeta, che ci invoglia, attraverso l’ausilio di una pungente lirica sicilianesca, alla riflessione.
E cosa di più bello quando la poesia diventando musica smussa i suoi spigoli più aguzzi e mostra solo le rotondità di una bella voce come quella della brava cantante Giana Guaiana, a cui il Prof. Carbone ha affidato gli arrangiamenti in musica di alcuni suoi versi.
Le parti rese più leggere, grazie alle melodiche dissonanze medio orientali utilizzate, hanno accattivato parecchio i numerosi amici ed ex compagni di scuola intervenuti alla presentazione delle belle poesie.
Anche questo un modo elegante per ricordarsi da dove proveniamo, dove siamo e chi eventualmente cancellare, per via del torto subito.
Tutto ciò ci obbliga a discutere, piaccia o non piaccia, ciascuno a suo modo, e per dirla con Carbone a: “riddiliari”.
Giovanni Salvo

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