lunedì 28 giugno 2010

Giovanni Salvo nelle colonne di Grandangolo scrive: PERCHE’ SCRIVI. MA CHI TE LO FA FARE…


Forse l’aeroporto ad Agrigento si farà, ma qualcuno ci vuole spiegare il significato di quel grande cartellone piazzato nel centro storico della città, a pochi metri dal palazzo sede della Prefettura e della Provincia Regionale di Agrigento?

Se sta li per pubblicità, e se quest’ultima è l’anima del commercio, la politica che ci azzecca?

Siamo in tanti oggi a chiederci a cosa possa servire quel cartellone impattante e principalmente cosa voglia significare la frase che riporta: “Aeroporto, insieme si vince”.

Sappiamo essere stato lo slogan piantato dal Presidente della Provincia, Eugenio D’Orsi, accanto alla tenda in cui trasferì l’ufficio di presidenza nei giorni della sua strana duplice protesta a favore della costruzione di un aeroporto in provincia di Agrigento e contro qualcuno che non abbiamo mai capito chi fosse.

Una vicenda questa in cui Pirandello e Kafka a braccetto non riuscirebbero da soli a dipanare.

Visti gli sforzi sovrumani della politica di darsi una visibilità, sono numerose le domande che i cittadini si pongono, nella speranza che non valga la teoria kafkiana, ossia che: "Le domande che non si rispondono da sé nel nascere non avranno mai risposta."

La politica di maggioranza che protesta contro se stessa, che richiama in raccolta i cittadini al grido “insieme si vince”, dopo avere ottenuto una ampia e piena fiducia alle urne?


Una strana iniziativa quella del Presidente, di cui abbiamo ampiamente parlato in passato, che ci ha fatto sentire per molto tempo in difetto.
La nostra colpa sarebbe forse quella di non essere stati a suo fianco smisuratamente, oltre il voto, nella lotta pro aeroporto ad Agrigento?

Una carenza di attaccamento che il Presidente ha percepito e che ha voluto rimarcare con questo mega cartellone giacente a porta di ponte, che oggi tiene viva la nostra attenzione?

Una volta rimosso l’accampamento, sede della protesta contro tutti, noi inclusi, quel grande tabellone è stato inspiegabilmente ripiantato in bella vista dei passanti, turisti compresi.

Ma cosa vuol significare quel manifestone ben fissato tra gli alberi, nei pressi del cuore della città, per volere delle nostre istituzioni?

Serve forse dunque a ricordare l’incapacità di un’intera cittadinanza?

Aleggia li per sponsorizzare l’inadeguatezza del popolo della provincia di Agrigento che, pur esprimendo nomi pesanti nel panorama politico nazionale e regionale, bisogna di qualcuno che gli pianti un cartellone pubblicitario in mezzo agli occhi, oltre al pugnale che tiene perennemente infilzato al cuore?
Serve a rinnovare il ricordo del profondo dolore della nostra vetusta arretratezza?
Se non è così, allora quale tipo di messaggio si vuole fare arrivare e principalmente a chi?

Immaginate un turista passare davanti a quell’immenso cartello e chiedere alla propria guida di tradurre quella scritta campeggiante in prossimità della via Atenea , salotto di Agrigento.

Concepite con la fantasia che il traduttore si presti a farlo con le dovute spiegazioni.
Vagheggiate un po sul disastro causato nella mente del probabile turista, magari tedesco, giunto nella terra della Magna Grecia di Sicilia, in quell’Italia che secondo Goethe senza la trinacria non lascia alcuna immagine nell’anima.

Ma come fa a non pensare a ciò il Sindaco o l’assessore al turismo di Agrigento, città governata da una giunta composta da forzisti ufficiali e da P.D. non ufficiali, aspiranti ufficiali.

Dato che stiamo parlando di un innocuo, quanto inopportuno, cartellone, confido in coloro che non riterranno questa mia esternazione la solita strumentalizzazione politica contro qualcuno, per lanciare questa mia misera considerazione.

Spesso noi cittadini ci mischiamo nelle questioni di lana caprina, da buoni osservatori, per il fatto di non volere passare sempre per fessi, cerchiamo di comprendere i fatti che ci saltano agli occhi , per poi tentare di spiegarli agli altri.

Guidati dalla passione, che non ci vuole lasciare e che ci regala, nonostante le reazioni talvolta scomposte e sconclusionate di taluni individui che non vorrebbero essere nominati, adrenalina e saggezza.
La passione spesso ci conduce a soddisfare le nostre voglie.
Ci sforziamo stilisticamente, al di sopra delle nostre forze, per arricchire i nostri interventi in modo da renderli più piacevoli agli altri; ringraziando sempre quanti ci danno l’opportunità, respingendo qualsiasi probabile pressione esterna, di esprimerci liberamente senza censure.

Grazie a quegli editori liberi, che ci offrono tale possibilità, ci improvvisiamo giornalisti fidandoci del nostro fiuto, del nostro istinto e principalmente della nostra dignità.

Elementi che non si misurano con degli strumenti meccanici e non si possono valutare in un esame di laurea.
Dignità che è costituita dalla nostra storia personale fatta spesso di semplice lavoro, lontana dalla voglia di facili arricchimenti.
Dignità che non è invidia nei confronti del potere quando vuole nascondersi o approfittare della cosa pubblica.
Dunque ci sforziamo di scrivere con stile non certo per narcisismo e manco per cercare di fare prevalere la nostra opinione sui fatti, anche se in certi casi sono facilmente documentabili.
Non accettiamo di essere calunniati o di venire definiti cecchini, in questo non transigiamo, non c’è giustificazione o “intervistona” di parte che tenga.
Non può essere considerato cinismo scrivere della realtà, invece di scrivere come dovrebbe essere.
Parlare del presente e non per forza del futuro non significa non avere idee o proposte da fare, ma semplicemente guardare la luna e non il dito che la sta ad indicare.

Non ci serve appartenere per forza ad un partito, a noi basta solo poter dire la nostra verità e come sosteneva un prestigioso giornalista, anche: “quando un fascista sostiene che piove, e davvero sta piovendo, quel fascista ha ragione”.
Come cittadini cerchiamo solo l’opportunità di poterci difendere con metodo, senza venire per forza raggirati, calunniati ed ingiuriati.
Esigiamo rispetto ad ogni costo, così quando ci occupiamo di un semplice cartellone da rimuovere o di ingarbugliate vicende giudiziarie che riguardano i nostri politici.
Ecco cosa molte volte ci spinge a scrivere, ecco chi ce lo fa fare.

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