Dal 1 ottobre l’Italia s’è desta. Magari fosse vero, ma di certo c’è un forte fermento tra gli agricoltori e gli addetti del comparto agricolo. Il fatto nuovo è che questa volta la presa di coscienza parte dal profondo sud. Le aree interne della collina siciliana sulle province di Palermo, Caltanissetta e Agrigento. Alcune, poco entusiastiche, agenzie di informazione riferiscono: “Lunedì 19 ottobre una colonna di trattori di oltre 20 chilometri sulla strada statale 189 Agrigento Palermo nel tratto tra Lercara Friddi e Cammarata si dirige verso Palermo, per chiedere attenzione, interventi alla Regione e al Governo rispetto alla grave crisi'' del settore agricolo”. “È la guerra del pane”. E questa volta non è un semplice aforisma, piuttosto la sintesi della piattaforma rivendicativa di migliaia di agricoltori siciliani che vedono di giorno in giorno sminuita la sicurezza di un reddito e la propria funzione sociale. Si chiedono interventi straordinari e una serie di misure strutturali per rilanciare un settore strategico per la stabilità del sistema economico/sociale della Sicilia. Il CoDifAS – il Consorzio Per la Difesa dell’Agricoltura Siciliana, ispiratore del movimento e vera anima della protesta, ha da tempo presentato alla regione e al Governo una sua piattaforma rivendicativa. Con il prezzo del grano duro che non supera i 15 cent. di € dicono gli agricoltori, per acquistare un kilo di pane consegniamo (figuratamene) al panificio 20 kg di frumento duro al giorno. Infatti nel passaggio dal frumento al pane ( prezzo medio 3 €/Kg) vi è un valore aggiunto di 2, 85 € /Kg (1.900%) che per buona parte non ricade sulla filiera, né sul territorio. Quella del pane è la sintesi di una crisi strutturale profonda che guarda anche gli altri comparti dell’agricoltura, come le uve da mosto e l’olio d’oliva. Ma anche frutta fresca e uve da tavola. Per tutti i comparti e da alcuni anni, i prezzi di mercato non compensano i costi di produzione, anzi , sono abbondantemente al disotto. E dire che i numeri presenterebbero un quadro diverso. I prodotti agricoli in generale, il pane in testa, sono beni a domanda rigida e i prezzi al consumo sono sempre troppo alti. È evidente che la crisi risiede nei livelli intermedi della filiera e nei plus valori che questa genera. Vi è inoltre un concetto che il “movimento dei trattori” sembra aver capito: “l’insostenibile pesantezza” del sistema economico convenzionale di produzione e la forte dipendenza dai settori ricchi (industria e terziario). Un dato tra tutti: la Sicilia con i suoi 120.000 Ha di vigneto da vino, produce ( dati del 2008) circa 11 milioni di quintali di mosto che, ironia della sorte, corrispondono alla quantità complessiva di prodotti chimici (concimi, fitofarmaci etcc.), che in termini economici è già l’espressione di una catastrofe, se consideriamo che l’uva ha spuntato nell’ultima vendemmia 10 cent/Kg.
È evidente l’urgenza di un cambiamento radicale di modello culturale, oltre che economico. Ancora una volta l’agro - ecologia e in primo luogo l’agricoltura biologica indica una strada. La produzione agricola deve muoversi, per quanto più possibile, all’interno del suo stesso settore. Il fattore terra deve ritornare ad essere il principale fattore di produzione. E i reimpieghi aziendali nell’ambito di sistemi di produzione a basso impatto la regola fissa. Sul fronte dei mercati e dei consumi bisogna fare altrettanto. Oggi la Sicilia ha un mercato di oltre 5 milioni di bocche da sfamare. Diecimila quintali di pane al giorno per 360 giorni l’anno, per un “valore economico reale” annuo di circa un miliardo di euro. Deve indignarci che solo una parte “millesimale” di questa ricchezza ritorna i ai contadini, per perdersi nei miasmi dei mille rigagnoli delle economie finanzializzate e negare di fatto quel “giusto guadagno” che ad ogni agricoltore in una società giusta dovrebbe essere garantito. Qualcosa in più dell’ennesimo balletto di numeri improbabili che le massime autorità politiche regionali hanno promesso ai rappresentanti del movimento. La mobilitazione generale del comparto rimane, in attesa di fatti concreti. Nel quartiere generale del movimento, a Pian del Lago (Caltanissetta), circa mille trattori rimangono posteggiati in perfetto ordine, pronti per essere utilizzati nei prossimi atti di una lotta quotidiana che vuole responsabilmente essere più di una protesta di agricoltori.
Lillo Alaimo Di Loro - Vice presidente AIAB federale
È evidente l’urgenza di un cambiamento radicale di modello culturale, oltre che economico. Ancora una volta l’agro - ecologia e in primo luogo l’agricoltura biologica indica una strada. La produzione agricola deve muoversi, per quanto più possibile, all’interno del suo stesso settore. Il fattore terra deve ritornare ad essere il principale fattore di produzione. E i reimpieghi aziendali nell’ambito di sistemi di produzione a basso impatto la regola fissa. Sul fronte dei mercati e dei consumi bisogna fare altrettanto. Oggi la Sicilia ha un mercato di oltre 5 milioni di bocche da sfamare. Diecimila quintali di pane al giorno per 360 giorni l’anno, per un “valore economico reale” annuo di circa un miliardo di euro. Deve indignarci che solo una parte “millesimale” di questa ricchezza ritorna i ai contadini, per perdersi nei miasmi dei mille rigagnoli delle economie finanzializzate e negare di fatto quel “giusto guadagno” che ad ogni agricoltore in una società giusta dovrebbe essere garantito. Qualcosa in più dell’ennesimo balletto di numeri improbabili che le massime autorità politiche regionali hanno promesso ai rappresentanti del movimento. La mobilitazione generale del comparto rimane, in attesa di fatti concreti. Nel quartiere generale del movimento, a Pian del Lago (Caltanissetta), circa mille trattori rimangono posteggiati in perfetto ordine, pronti per essere utilizzati nei prossimi atti di una lotta quotidiana che vuole responsabilmente essere più di una protesta di agricoltori.
Lillo Alaimo Di Loro - Vice presidente AIAB federale
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