lunedì 17 dicembre 2018

La triste storia di Stefano Cucchi, una preoccupazione sciasciana

Una scelta certamente coraggiosa la proiezione del film su gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi tenutasi a Racalmuto lo scorso 16 dicembre, per celebrare i settanta anni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, a cura dell’Arci.
Un  pubblico concentrato e attento ha potuto assistere Domenica, presso la Fondazione Leonardo Sciascia, alla proiezione del film sulla storia degli gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi.
Il film di grande successo, tratto da un noto fatto di cronaca, che ha aperto il festival di Venezia 2018, interpretato prevalentemente dal bravissimo attore Alessandro Borghi, candidato al David di Donatello come migliore attore protagonista.
L’attore presente in sala virtualmente, dopo i titoli di coda è intervenuto   in collegamento video da Roma, parlando simpaticamente del suo affetto per la Sicilia e delle sue titubanze nell'accettare la delicata sceneggiatura di “Sulla mia Pelle”, un film certamente suscettibile di strumentalizzazioni.
Per la sua attinenza con il pensiero sciasciano, contro ogni forma di sopruso, la proiezione è stata voluta  anche a Racalmuto da Giovanni Salvo, legato all’attore romano da una profonda amicizia, il quale ha insistito fin che il film fosse proiettato proprio nella sala convegni della Fondazione Sciascia e non in qualsiasi altro spazio meno attinente.
Ad  assistere alla proiezione una  discreta ed interessata platea, che ha riempito  la sala convegni della Fondazione dedicata allo scrittore racalmutese, come non accadeva da tempo.
Un piccolo esempio concreto di come la prestigiosa struttura, oggi in impasse per problemi di varia natura organizzativa ed economica, possa essere rilanciata unicamente rendendola più attenta alle problematiche sociali, da approfondire e studiare secondo l’eredità culturale lasciata dal “Maestro di Regalpetra”,  e possa dunque divenire più "contemporanea".
La proiezione della pellicola del regista Cremonini e gli spunti di riflessione che ne sono derivati, appaiono dunque  uno degli argomenti più attinenti dibattuti all’interno della Fondazione , almeno nell’ultimo periodo,  essendo stato  il tema della giustizia e dunque  dei diritti umani molto cari allo scrittore racalmutese.
Aspetto questo spiegato egregiamente da  Giovanni Salvo, che ha rispolverato un vecchio articolo comparso sul quotidiano francese El Pais nel 1978, in cui Sciascia fece riferimento ad una storia simile a quella di Cucchi accaduta a Palermo, non esitò a sfatare il mito dell'Italia ritenuta la culla del diritto, definendola la bara.
Dunque se dopo quarant'anni, quella preoccupazione di Sciascia è ancora valida, come testimonia la storia narrata nel film, vuol dire che, anche in questo caso, lo scrittore e politico racalmutese, Leonardo Sciascia aveva azzeccato.
La pellicola non mira certamente a mitizzare la figura di Stefano Cucchi, che rimane uno spacciatore.
Racconta solo la storia di un ragazzo,  figlio di una famiglia perbene della medio borghesia romana, che smarrita la strada della legalità inizia a delinquere, motivo per cui avrebbe forse meritato una giusta detenzione.
Non certo però di essere ammazzato a calci da esponenti dello Stato, che invece avrebbero dovuto “proteggerlo”.
Pertanto nulla contro le forze dell’ordine, ha tenuto a precisare Angela Martorana, anzi una rinnovata stima verso lo Stato e le Istituzioni, in particolare verso l’arma dei Carabinieri, che non può e non deve essere compromessa dal singolo comportamento errato, messo in atto da qualche servitore infedele.

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