di
Carmelo Sciascia
Sembrano i libri di filosofia, pure astrazioni, pagine che parlano a loro stesse, un rimescolare l’aria, più volgarmente un menare il can per l’aia. Vi assicuro che così non è. La filosofia è all’origine di tutta la conoscenza dell’uomo, non a caso siamo figli tutti ed il sapere nella sua totalità di quel nugolo di pensatori che nel IV secolo a.c. in Grecia, posero le fondamenta del pensiero occidentale.
Di questo ne ho avuto conferma, ancora una volta,qualche tempo fa, quando incontrando un vecchio amico, ho appreso della sua scelta di vita.
Quella di vivere parsimoniosamente, come tra l’altro ha sempre fatto, lasciando il lavoro, per avere più tempo da dedicare ai propri interessi: lo studio della flora e della fauna della sua terra e non solo. Sembra assurdo di questi tempi, sicuramente è un privilegiato (poter lasciare il lavoro), ma pensate a quanto mancato guadagno da un lavoro così remunerativo!
Giovanni, questo il suo nome (vero,
non inventato) ha fatto una scelta: soddisfare i propri “bisogni”, non lasciarsi
sopraffare dal “desiderio” perché tutto ciò che si possiede, o si potrebbe
possedere, non sazia il desiderio, non colma la mancanza. Perché il denaro,
bisognerebbe sempre averlo presente, non è un valore, è un mezzo. Il problema
sorge quando, per l’immenso potere che consente, il denaro diventa anche fine
ultimo. Questo ed altri concetti ho ascoltato il pomeriggio dell’anteprima di
PiacenzaTeologia nella lectio magistralis di Silvano Petrosino sull’elogio
dell’uomo economico. Ed il pensiero mi ha condotto sulla scelta di Giovanni.
Figlio di contadini, contadino lui stesso (anche se medico), nel senso che è
rimasto integro nella capacità di vedere e capire i valori dell’essere umano.
Nel suo ultimo lavoro, “Soggettività e Denaro” il Petrosino sostiene proprio
questa tesi e cioè che l’uomo è abitato da una mancanza e questa mancanza, che
non è l’assenza, è il desiderio. Il desiderare di possedere un qualsiasi
oggetto dovrebbe procurare il godimento, il piacere, la felicità. Ma l’uomo è
come il collezionista: la ricerca e il ritrovamento del pezzo mancante, provoca
una effimera felicità, perché subito dopo diventa fonte di insoddisfazione ed
ecco darsi da fare per iniziare subito un’altra collezione. “Il denaro è ciò
che permette, immediatamente ed illimitatamente, di ricominciare”.Sembrano i libri di filosofia, pure astrazioni, pagine che parlano a loro stesse, un rimescolare l’aria, più volgarmente un menare il can per l’aia. Vi assicuro che così non è. La filosofia è all’origine di tutta la conoscenza dell’uomo, non a caso siamo figli tutti ed il sapere nella sua totalità di quel nugolo di pensatori che nel IV secolo a.c. in Grecia, posero le fondamenta del pensiero occidentale.
Di questo ne ho avuto conferma, ancora una volta,qualche tempo fa, quando incontrando un vecchio amico, ho appreso della sua scelta di vita.
Quella di vivere parsimoniosamente, come tra l’altro ha sempre fatto, lasciando il lavoro, per avere più tempo da dedicare ai propri interessi: lo studio della flora e della fauna della sua terra e non solo. Sembra assurdo di questi tempi, sicuramente è un privilegiato (poter lasciare il lavoro), ma pensate a quanto mancato guadagno da un lavoro così remunerativo!
Per questo il mio amico Giovanni ha smesso di cambiare la macchina, una piccola utilitaria basta per gli spostamenti necessari, come un cellulare serve solo per le chiamate di emergenza (riceve telefonate sul fisso di casa dalle 20 alle 21). Non veste griffato il dottor Giovanni. Parafrasando Nietsche si può dire che nel mondo ci sono più idoli che realtà, ed idoli sono anche le grandi firme della moda, che nulla hanno a che fare con il bisogno di vestire in modo adeguato, decoroso e perché no civettuolo. Ed ancora un altro filosofo, Viderman: “Nulla assomiglia al Paradiso quanto un conto in banca ben fornito”, ed è così che tenendo di mira il paradiso, si confonde lo strumento con il fine, e si diventa strumenti nelle mani di uno strumento. L’economico è connaturato all’uomo, nel senso della misura, della ratio, della progettualità. È nel profitto, ancor peggio se profitto finanziario, cioè senza produzione di beni, che sta la perversione. E la perversione si regge sul primato del piacere come godimento senza limiti. Passata la fase dell’edonismo reaganiano, siamo giunti all’edonismo delle rendite finanziarie. Un po’ come dire che dal giuoco del totocalcio, l’economica schedina domenicale, siamo passati alle sale dei diffusissimi e costosi Casinò cittadini. “Gioca senza esagerare” - slogan stupendo dei nuovi creativi - come dire: fuma senza danneggiare i polmoni! Ed allora cerchino i nostri politici di capire che il consenso dato loro è scaduto. Se un cittadino su tre ha rinunciato al voto è perché si sente escluso da questo Stato, percepito sempre più come il Leviatano (ancora un altro filosofo: Hobbes). Se le perdite dei partiti tradizionali -tutti- sono catastrofiche, altro che cifre da prefisso telefonico, come fino negli ultimi anni del secolo scorso, un motivo ci sarà. Se nuove formazioni politiche prendono, da zero al dieci, con punte del venti per cento un motivo ci sarà anche per loro. Il mio amico Giovanni, non fuma, non gioca, vive nel soddisfacimento dei suoi essenziali bisogni biologici e psicologici, non si è indebitato, vive nella serenità dei contatti umani e amicali. Che sia lui l’uomo nuovo da indicare a modello di questa sgangherata società, anziché “l’uomo che non deve chiedere mai”?
Pubblicato su Libertà il 26.05.2012
Carmelo Sciascia
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