domenica 26 novembre 2017

L’EMPIREO… LA MONADE E GLI SPECCHI (Poesia di Diego Capitano)




L’EMPIREO…  LA  MONADE  E GLI  SPECCHI
Dentro la segreta mappa del mio cervello… stelle e pianeti
al buio vagano come codici della mia esistenza: umili stazioni
d’umano calvario.
Giorni ho saturato dal primo vagito… di splendide amarezze…
di spente gioie… in stagioni tramutate con gli sguardi a venire…
alle rinunce adusate delle piú belle cose.
E m’interrogo spesso se a ció vi appartengo… se il tempo porta
seco questa voce e l’orme alla terra cedute…  i miei canti intrisi
dagli odori del grano… di ulivi e di ginestre… di quell’aria pura
divampata dal sole e dei tuoi unici occhi da dea…  amore mio!...
Cieli a volte assurdi… plumbei e rombanti ho visto su me patire…
su case e colline… sul glauco mare e sulle scogliere d’un cuore
dal passionevole fardello. 

Avvilito ho affisso la mia vita sulle ignude pareti di casa… anno
dopo anno: collezione di rogge foglie cadute e conservate dentro
l’amare pagine dei miei vissuti ostelli.
Fratture ho riportato nell’anima che nessuno ha mai creduto…
e il bene d’un amore indiscusso… autentico:  tutto e solo mio!...            
Strade ho percorso tante senz’asfalto cucite con dura ghiaia… e
ferito le mie mani terra incolta scavando… rovistando sotto l’orme
dei piedi alla ricerca d’ataviche radici.
Voi schernite ogni mio aneddoto… ogni mia metafora… ogni mio
aforisma… che vi hanno raccontato il mio cammino… e restate quí
a rincorrere inerti un futuro che muore sempre nel presente e mai
quel futuro vivere lo si vedrá…  se non come giáun passato.
In me vivono infanti ricordi… le immagini piú care e piú amate
simili a fulmini nella mente… o come rimpianti avelli nel cuore.
Questo muso serrato disegna ormai un volto di feltro…l’ombra
della notte devasta la mia… che pavida mi s’avvince alle caviglie.
Si diventa cosí dopo la persa gioventú… residui d’una dubbia terra
sviscerata… marcio involucro senza piú nome… anziano passero
su ramo innevato tremante… codice inutile della nascita e della
morte su dimenticata stele.
Rimarrá ad ognuno nudo quel ramo di castagno dei cento cavalli…
patriarca di mia Sicilia… testimone millenario delle mie mutazioni…
e libro di tutti i miei canti.
Rimembra la mente quest’istante il magico Apuleio… alle sue amate
e complesse curiositá… ai fantastici miti di ‘’Amore e Psiche’’ e di
quell’odisseico Lucio nella sua metamorfosi de: ‘’L’ Asino D’oro’’…
da melense rose alla fine guarito… nell’incantesimo della sua stessa
fiaba… della sua stessa vita.
Anch’io cosí mi trasfiguro di carne in spirito e ricerco come  Leibniz
tra assi e cerchi nel mondo degli Aleph: la Monade delle monadi che é
l’Uno assoluto… Colui che è sempre stato… in quell’infinito  Elisio…
lá!... ‘’Dove ogni anima vivente è specchio nel suo universo’’ .




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