di Giovanni Salvo
A Racalmuto nella
seconda settimana di luglio, lo stesso periodo in cui ad Agrigento si
celebra San Calogero, con ventuno secchi colpi di cannone si dà
inizio alla festa in onore di Maria Santissima del Monte.
Il Monte, un
quartiere di Racalmuto, lo stesso in cui nacque lo scrittore Leonardo
Sciascia.
Ogni anno
al grido di si è incendiata la festa “sbampà la festa”, iniziano le
fasi del rito sacro , sino alle profane scazzottate in piazza per
la presa della bandiera del “ciliu”, un cero votivo di legno, alto una
decina di metri, nella cui cima viene posto una conteso vessillo.
E come si dice:
“a Natale un passo di cane”.
Dunque ecco la
politica locale incamminarsi lentamente verso la fine della parentesi invernale
alla conquista dello stendardo più alto.
A pochi
mesi dalle elezioni , previste quasi certamente per la primavera
prossima, si potrebbe tranquillamente gridare, pur sotto la
neve: “sbampà la festa”.
Mancano
pochi mesi alla conclusione di un periodo che molti cittadini, sin qui,
ritengono essere stato molto al di sotto delle aspettative.
Vicina allo
sloggiamento la commissione prefettizia , la stessa che, senza
infamia e senza lode, ha amministrato, per qualche anno, il paese
sciolto per infiltrazioni mafiose.
Un solo colpo di
cannone sparato dal blog Regalpetra Libera per lanciare, seppur in
contumacia, la candidatura a Sindaco di Racalmuto di un blasonato
giornalista, in pensione, del Corriere della Sera.
Un botto
secco, un nome detonante quello di Felice Cavallaro, che ha
provocato un sobbalzo tra l’assopimento della politica locale.
Lo stesso
giornalista che negli anni novanta consentì l’incontro a Racalmuto fra
Sciascia, Falcone e Borsellino.
Manifestazione
utile a dipanare, per la prima volta pubblicamente, gli strascici della
polemica sui professionisti dell’antimafia.
Fu certo il
giorno del confronto, ma anche quello in cui si volle dare al paese un
compito improprio, un’immagine falsata, di paese della ragione.
Si, perché
irragionevolmente a Racalmuto poi si sparò, si incendiò, si intimidì, si
truccarono gli appalti, ci si drogò.
Per
attualizzare il ricordo di Cavallaro, serve ricordare la cerimonia
di ufficializzazione dello scioglimento per mafia del Comune di Racalmuto, nel
corso della quale non esitò ad indicare al Ministro di Grazia e Giustizia
la parte sana del paese, individuata in un gruppo di giovani
orbitanti nel contesto di un giornale locale.
Una sorta di
riferimento per i Commissari, attraverso i quali far guardare il
sole e la luna nel pozzo?
Trattandosi di
Racalmuto del paese del giorno della Civetta, del giuoco degli specchi, certo
stabilire chi oggi in paese rappresenti il tratto morigerato
e la parte dissoluta può risultare una scelta prodigiosa e interessante, ma
insidiosa.
Per trovare, in
tal senso, ulteriori certezze meglio abbandonare i luoghi di
sciasciana memoria, la Madonna del Monte, e percorrere idealmente
la costruenda autostrada, che in ultimo Cavallaro vorrebbe chiamarsi degli scrittori,
per giungere sin al miracoloso San Calò agrigentino ; tra i pochi casi di Santi
di pelle nera adorato da un popolo di carnagione chiara.
San Calò e la
terra Pirandelliana dove è obbligo chiedersi, chi siamo noi per gli altri
e delle tanti immagini che abbiamo di noi quale sia quella
vera.
E qui anche
perché, ciò nonostante la proposta vincente di eleggere Sindaco di
Racalmuto Felice Cavallaro, un uomo con un profilo così alto,
faccia lo stesso arricciare il naso a molti.
In agguato
il circolo locale del Partito Democratico, che già mugugna sul Web.
E dunque cosa
avrebbe che non và il giornalista del Corriere della Sera, che una volta
in pensione potrebbe scegliere di spendere per Racalmuto il proprio tempo
libero?
Interrogativo
che, accetterà o no, costringerà certamente lo stesso “l’uomo” ad interrogarsi.
L’individuazione
di un uomo utile ed influente, una scelta elettorale da professori della
politica, strategicamente ineccepibile.
Chi sarebbe in grado oggi di contrastare la proposta
di candidare Felice Cavallaro Sindaco, il quale mediaticamente, con le
sue conoscenze, diverrebbe una vera e propria macchina da guerra.
Al suo fianco, pronti a sponsorizzarne la candidatura,
addirittura i vertici di Confindustria, quali Antonello Montante e
Ivan Lo Bello.
Gli stessi protagonisti attualmente alle cronache per la
polemica, “ del nuovo professionismo dell’antimafia”, denunciato dall’assessore
regionale Nicolò Marino.
Fortunatamente o
sfortunatamente che sia, prima ancora di concludere la qui presente,
dattiloscritta considerazione, apprendo che Cavallaro, non accetta,
ringrazia il professore e passa avanti.
Pensiamo un po’ se il nostro giornalista compaesano, di
cui a tratti siamo anche orgogliosi, avesse acconsentito, cosa sarebbe
potuto accadere.
Con tutto l’oro
che luccica a Racalmuto, paese dello scrittore del giorno della Civetta ,
microcosmo nel macrocosmo, in cui l’adulazione è di casa e i ruffiani non
sfuggono manco alla letteratura.
La partenza verso la primavera elettorale racalmutese
comunque è ormai prossima, “ L’autobus stava per partire, rombava sordo con
improvvisi raschi e singulti”.
Tempi determinati per agire, perpetui per eccepire.
Giovanni Salvo
Caro Giovanni, amico di sempre, come diceva il Grande maestro è importante il leggere e il rileggere è come aprire una finestra. Gli stessi gesti lo stesso panorama la stessa vita che scorre ma è la tua anima che cambia e tuoi occhi che osservano con discrezione le diverse prospettive, attraverso le sbarre della stessa persiana socchiusa, per pudore, un po’ scolorita un po’ invecchiata ma carica di storia e fascino.
RispondiEliminaMeglio una finestra socchiusa e che ha perso un po’ di smalto ma dura nel tempo e nella sua funzione quotidiana che una di quelle finestre che tirate a lucido si spalancano solo nelle gradi occasioni, usanza della finzione della illusione che vorrebbe fare apparire in una casa la vita accentuandone il distacco.
Forse se tutti considerassimo la vita come una finestra, la apri, guardi il mondo, la richiudi e la tua vita è finita, si riuscirebbe a dare il giusto senso ad ogni cosa.
La critica è il sale ma è l’assenza dell’esercizio al perfezionamento tramite l’ autocritica che mi amareggia e purtroppo è cosa non praticata da nessuno nonostante le sollecitazioni e le provocazioni, il che mi fa ritenere che siamo ancora lontani dalla buona fede e dai buoni propositi. Nella giusta misura tutto ci vuole, tutto è bello:
Giulia Cercasi-“La bellezza perde ogni bellezza se non si unisce ad altro, il condimento stucca: hai mai provato a mangiare un cucchiaio di olio o un pugno di sale”.
Fraternamente – Ignazio Scimè