Pubblichiamo (di nostra iniziativa, senza aver chiesto autorizzazioni all'autore) il post facebook di Giovanni Salvo, molto interessante con notevoli spunti di riflessione.
Viva la pace, ma non
quella dei sensi.
Spero si sia trattato di una dimenticanza.
Non avere avuto linkato da Gaetano (credo si dica così) il suo appello alla pacificazione sociale, mi fa sentire come rilegato fra gli irredimibili, gli emarginati, i mediocri , le teste dure di questo paese.
Isolamento che però facilita parecchio la mia riflessione sul tema sollevato, della necessità di una pace sociale a Racalmuto.
Nessuno si aspetta da un discriminato cose intelligenti, altrimenti perché esautorarlo.
Dunque inutile andare per il sottile, considerato che uno scivolone stilistico sarebbe giustificato dalle attenuanti generiche date dal mancato autorevole linkaggio.
Non nego comunque, mentre sto scrivendo, di sentirmi già avvolto da una bella sensazione .
Già mi sento in pace con me stesso, avviluppato da una rasserenante retrogressione adolescenziale , per il semplice fatto che i protagonisti, Ignazio Scimè e Gaetano Savatteri, saggi propositori della nuova stagione di pace nel paese di Racalmuto, sono entrambi miei vecchi amici d’infanzia.
Due racalmutesi “nostrani” , conoscitori e narratori di simpatici fatti paesani, non privi di sana e pungente ironia .
Bello il titolo coniato da Ignazio Scimè, per rasserenare gli animi in paese, “Con il cuore e con la ragione” , asserzione che è piaciuto anche a Gaetano Savatteri, tanto da prendere lo spunto per un suo articolo, lanciato sul web.
In verità, uno slogan un po’ rubacchiato alla vecchia regola della politica .
Rievocativo del discorso di Turati, dopo la marcia su Roma del 1922 e la formazione del Governo Mussolini, quando disse : ”Anche se il cuore ci sanguini, anche se la ressa dei ricordi ci risospinga alla gola i più amari disgusti, noi dobbiamo saperli stoicamente rintuzzare”.
Dunque ad Ignazio non spetta il primato di questa reminiscenza storica, poiché la politica racalmutese, negli anni di picco del suo seminar soprusi, ha fatto uso e abuso di questo concetto.
Va lui riconosciuto comunque il fatto di averne fatto tesoro.
Spesso utilizzato per giustificare gli atti di estrema prepotenza, ai quali non si era in grado di dare una vera spiegazione politica, molti uomini di partito amavano “sbuccazziari” la frase di Turati: “La politica non può e non deve essere una somma di sentimenti e di risentimenti.”
Del tipo stiamo calmi, “non parlare al conducente”.
Furono gli anni in cui si ampliava, con concorsi discutibili, la pianta organica del Comune di Racalmuto.
Uno ad uno fù il rapporto degli assunti al Municipio, legati da parentela, con i consiglieri comunali e gli assessori del momento.
Atto di prepotenza secondo solo a quello scaturito successivamente dalla guerra di Mafia.
Figli, fratelli, mogli, nipoti e cugini di politici del tempo, senza sentimenti e risentimenti, consumarono un atto di estrema arroganza nei confronti della società racalmutese, specialmente dei giovani.
Erano gli anni in cui a ragazzi ventenni alla ricerca di un lavoro, incavolati neri , come Ignazio , per non avere avuto la stessa possibilità dei parenti degli amministratori, veniva suggerita, dal cinico politico di turno, la possibilità di emigrare in Germania.
Erano gli anni in cui nella vita politica e sociale non vi era molto spazio per i sentimenti, ricordo che anche al giornale “Malgrado Tutto” di Gaetano Savatteri, allora un giornalino poco conosciuto, toccò lo spauracchio della mannaia dell’allontanamento, della ghettizzazione, della censura.
Proprio in un periodo come quello che stiamo attraversando, per dirla con Scimè, di atavica non pace, il giornale, ancora misero foglio ciclostilato, fu distribuito nelle vicinanze del luogo dove si stava svolgendo il “Premio Pirandello”, organizzato dalla banca ,Sicil Cassa, per commemorare Sciascia.
Il giornale riportava in prima pagina un articolo dal titolo “ La Tassa della Rivolta”, in cui si parlava anche del fatto che il paese era stato ripulito per l’occasione dalla spazzatura.
Qualcuno scrisse che si trattava di un’operazione di maquillage, messa in atto esclusivamente per quella manifestazione.
Diciamo che oggi le cose comunque non sono tanto cambiate.
Il fratello di un politico , che curava il convegno, invitò, il gruppo di ragazzi, che avrebbero voluto distribuire il giornale all’interno della manifestazione, a farlo fuori dal cancello.
La notizia arrivò all’orecchio di Felice Cavallaro, che sul Corriere della Sera, con molto risentimento, tuonò, apostrofando quel gesto come un atto di insostenibile censura, ad opera di un energumeno.
Ciò non poteva accadere a Racalmuto , proprio mentre si stava celebrando lo scrittore Leonardo Sciascia.
Certo gli argomenti trattati dal giornale non sono più gli stessi, graffianti e dissacranti come in quel tempo, ma oggi grazie a quel forte risentimento di Cavallaro, il giornale di Gaetano ,“Malgrado Tutto”, viene distribuito tranquillamente nel bel mezzo di qualsiasi manifestazione, senza problemi, all’interno della Fondazione Sciascia, anche per mano del suo stesso direttore.
Mi chiedo: se in quel frangente, nessuno avesse avuto una giusta reazione, Cavallaro fosse andato verso la conciliazione, l’accomodamento, la pace sociale, la cessazione delle ostilità, oggi “Malgrado Tutto” sarebbe lo stesso?
Avrebbe avuto lo stesso “successo” senza quell’atto di censura e senza l’articolo di Felice Cavallaro, nella cronaca nazionale?
Avrebbe avuto il suo lustro il giornale se fosse stata raggiunta una “pace sociale”?
In fondo sarebbe bastato distribuire il giornalino lontano dal convegno per evitare dissapori e liti.
L’invito ad animare il dibattito non andando contro le persone , rivolto da Gaetano nel suo pezzo “Lo sforzo di tutti per pacificare Racalmuto” sarà mai possibile in questo paese, dove in molti amano incarnarsi nelle strutture comunali, in una sorta di degenerante senso del possesso.
Siamo certi che sia possibile animare il dibattito non rinunciando a evidenziare comportamenti sbagliati, e nel contempo non creare risentimenti personali ?
Se diciamo che alla riapertura del Teatro, con tutti i meriti del caso, non avremmo voluto vi fossero presenti i componenti del consiglio comunale sciolto dal provvedimento antimafia , offendiamo qualcuno?
Nulla di trascendentale e di personale, solo per un fatto simbolico .
Niente da dire per gli amici degli amici , opinionisti e non, accreditati ad assistere allo spettacolo di Ficarra e Picone .
Desideriamo si , anche con una pace armata , migliorare il nostro paese , ma non certo ambiamo a divenire sciocchi , si tanto da inseguire l’utopia.
In fondo : “munnu è stau e munnu è”.
E poi, se Ignazio non si fosse ribellato, se non si fosse messo a studiare per vincere un concorso, se avesse seguito il consiglio del politico stolto di non parlare al conducente, se fosse davvero emigrato in Germania, oggi da chi avremmo preso lo spunto per parlare di pace?
Giovanni Salvo, post facebook
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