martedì 12 ottobre 2010

"Leonardo Sciascia e i comunisti" un libro di Emanuele Macaluso

"Vi racconto la verità su Sciascia e il Pci..."
Leonardo Sciascia e Renato Guttuso
 in Consiglio Comunale a Palermo


"Sciascia non aderì mai al Pci ma attraverso esso militò nell'antifascismo, e con il partito ebbe sempre un rapporto molto complesso. Insomma, non fu un comunista". Emanuele Macaluso racconta liti, retroscena e passioni politiche dello scrittore di Racalmuto nel libro "Sciascia e i comunisti" che pubblica Feltrinelli. "Mi sono convinto a scriverlo - dice l'ex senatore - perché sull'argomento sono state dette tante sciocchezze"

di SALVATORE FALZONE


Emanuele Macaluso

Si sono conosciuti tra la fine degli anni Trenta e l'inizio degli anni Quaranta nei budelli della città dei minatori, fra la stazione ferroviaria e il Largo Badia, traboccanti di stanzoni a pianterreno in cui dormivano e mangiavano gli zolfatai e le loro famiglie. Leonardo Sciascia e Emanuele Macaluso. Lo scrittore e il comunista. Lo scrittore che per trent'anni votò comunista senza mai esserlo e il comunista migliorista che lavorò con Togliatti, Longo e Berlinguer. La loro amicizia risale ai tempi dell'antifascismo. Sciascia frequentava a Caltanissetta l'istituto magistrale (in quegli anni vi insegnava anche Vitaliano Brancati). Suo fratello Giuseppe, che più tardi si toglierà la vita, studiava invece all'istituto minerario frequentato da Macaluso e dai suoi fratelli. "Giuseppe veniva spesso a casa nostra e con lui anche Leonardo. Così ci siamo conosciuti", racconta l'ex senatore che la settimana scorsa è ritornato nel capoluogo nisseno, dov'è nato nel 1923, per partecipare a un convegno organizzato dall'Ucid sulla questione meridionale.
Il suo rapporto personale con lo scrittore di Racalmuto percorre le pagine di un libro, "Sciascia e i comunisti", che Feltrinelli porta domani in libreria. Macaluso dice di averlo scritto perché "sull'argomento sono state dette tante sciocchezze". E a questo proposito l'ex direttore dell'Unità mette subito le cose in chiaro: "Sciascia - dice - non aderì mai al Pci, ma attraverso il Pci militò nell'antifascismo, e con il partito ebbe sempre un rapporto moto complesso. Insomma, non fu comunista. Fu col partito comunista e fu critico col partito comunista. Era un uomo che aveva una visione del mondo, nel senso che guardava alle ingiustizie del mondo. All'inizio - continua - pensava per esempio che la Rivoluzione d'Ottobre potesse servire a qualcosa. Poi col trascorrere del tempo subentrò in lui quel pessimismo di cui tanto s'è parlato. In un certo senso, al di là di tutto, rimane vera una cosa straordinaria che Sciascia ha detto di se stesso: contraddì ma si contraddisse".
A Caltanissetta negli anni Quaranta c'era un gruppo di intellettuali molto vivaci. Si raccoglievano attorno al preside del liceo classico, Luigi Monaco, un professorone colto e severo che organizzava incontri fra giovani studenti in cui si discuteva di libri e di idee proibite. Nel gruppo c'erano anche Gino Cortese, Giuseppe Granata, il pastore della chiesa evangelica Calogero Bonavia, Gaetano Costa e altri. Quella Caltanissetta fu infatti la città in cui si intrecciarono straordinari legami intellettuali e d'amicizia. Macaluso ricorda che lo stesso Sciascia, nelle Parrocchie di Regalpetra, spende parole di commozione ripensando al periodo nisseno dell'attività antifascista.
Il legame fra Sciascia e Macaluso si fece più intenso con l'adesione al Pci clandestino: "Ci siamo ritrovati insieme senza saperlo e abbiamo combattuto la stessa battaglia con alcuni amici speciali. Ricordo tra gli altri Calogero Boccadutri, il nostro capo-cellula, operaio di Favara che viveva solo a Caltanissetta in via Re d'Italia in una casa al pianterreno senza un quadro né uno specchio. Insomma, il mio rapporto con Leonardo avviene in un momento - la militanza antifascista - di grande tensione morale e sociale per entrambi".
Ma anche dopo, caduto il fascismo, il rapporto d'amicizia continuò. "E fu anche - continua Macaluso - un rapporto politico. Anche se la vicenda di Sciascia e il Pci fu assai travagliata. Leonardo ebbe momenti di grande critica verso il partito, soprattutto ai tempi del governo Milazzo nel 1958, ma anche periodi di grande adesione. Comunque dal 1946 fino al 1979 votò sempre comunista pur criticando aspramente il partito". Ma perché votava comunista? "Perché pesava in lui l'essere stato un antifascista ma anche il fatto di avere un forte legame col popolo e soprattutto con i minatori. Voglio dire che Leonardo - aggiunge Macaluso - vedeva nel criticabile e criticato Pci una garanzia di rispetto di quel mondo".
Certo alle critiche seguirono rotture traumatiche. "Il rapporto fra Sciascia e il Pci si rompe quando Leonardo viene candidato nel 1975 alle elezioni comunali di Palermo con Renato Guttuso e Achille Occhetto. Si rompe perché Sciascia, che aveva una posizione fortemente critica nei confronti del compromesso storico, si candidò nel Pci proprio nel momento in cui il partito era impegnato nella realizzazione del compromesso storico. Si creò dunque un rapporto equivoco, non trovo altre parole, fra Leonardo e il partito". Ma perché equivoco? "Non so come Occhetto gli fece capire che in Sicilia il compromesso storico non si sarebbe mai realizzato, non so come gli fece capire che non ci sarebbe stato alcun rapporto con la Dc, che era il vero problema di Sciascia. Sta di fatto che, proprio nel '75, Occhetto fece il patto di fine legislatura con la Democrazia cristiana. Così Sciascia si candidò coi Radicali, trovandosi a suo agio, perché la battaglia contro tutti i poteri era anche una sua vocazione".
L'altro punto di rottura fu rappresentato dalla vicenda Guttuso-Berlinguer. "Ai tempi della commissione Moro, Sciascia rivelò che in un colloquio avuto con Berlinguer e Guttuso, Berlinguer aveva accennato al fatto che le Brigate Rosse avrebbero forse avuto un rapporto con la Cecoslovacchia. Sciascia fu smentito molto drasticamente da Berlinguer, che lo querelò. Seguì la controquerela e poi il magistrato, come avviene sempre in Italia, archiviò per l'uno e per l'altro. Ma Leonardo rimase veramente traumatizzato dal fatto che Guttuso testimoniò a favore di Berlinguer".
Con Macaluso invece niente addii. Polemiche anche violente ma mai fratture. "No, il mio rapporto non si è mai incrinato sul piano personale. Ricordo che quando uscì Il Contesto, scrissi sull'Unità un articolo pesante di critica, che oggi ritengo sbagliato. Neanche in quell'occasione la nostra amicizia venne meno. Sono andato a trovarlo a Milano quand'era malato, poi anche a Palermo. Era un uomo con una grande sensibilità nei rapporti umani. E certo - conclude Macaluso - oggi manca uno come Sciascia. Manca una battaglia civile di quella dimensione e di quella statura. I suoi libri e le sue polemiche sono stati un momento alto della nostra storia recente". (La Repubblica - SALVATORE FALZONE)

(12 ottobre 2010)

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