giovedì 15 ottobre 2009

Ricordo di Lillo Marino, racalmutese di "tenace concetto" di Salvatore Picone


Le passeggiate notturne nella Racalmuto che non c’è più. La "vampa" di San Giuseppe in una piazza viva. Vino e salsiccia con l'arciprete Puma e il biglietto per entrare a teatro. Alcuni ricordi per salutare un personaggio del paese. (nella foto Salvatore Picone, Lillo Marino, Carmelo Marchese).
Soltanto il rintocco lento delle campane della chiesa di San Giuseppe ha dato l'ultimo saluto ad un pezzo della nostra storia, della storia di questo nostro paese di Racalmuto.
Il rintocco lento di una chiesa, della "sua" chiesa. Ci ha lasciato con semplicità e umiltà, come era lui. Se ne è andato come credo avrebbe voluto, accompagnato dalle campane della chiesa del quartiere dove è nato, cresciuto e vissuto Calogero Marino, detto Lillo, un "personaggio" racalmutese, anima e specchio di quei racalmutesi che sanno essere, ognuno a suo modo, gente di "tenace concetto". E come direbbe Sciascia: "testardi, inflessibili, capaci di sopportare enorme quantità di sofferenza, di sacrificio".
Chi non ha conosciuto Lillo Marino? Ma credo che quelli della mia generazione siano stati gli ultimi ad averlo visto così come l'aveva ritratto in una bella foto il grande fotografo Enzo Sellerio. Lillo Marino seduto sulle scale della "sua" chiesa a fumare sigari e cicoria. Lillo Marino sempre in giro, con "tasco" e cappotto, anche d'estate, o negli angoli del paese per vendere verdure selvatiche, lumache, fichi e fichidindia.Ma soprattutto resterà nella mia memoria – mi si perdoni un po' di commozione – quei fuochi di San Giuseppe di metà marzo, quando la piazza Castello si accendeva di luce della "vampa" da Lillo preparata giorno dopo giorno per un'intera settimana. Legno su legno, botte su botte, solo Lillo riusciva a fare un fuoco così. Non è retorica e non lo dico ora che Lillo Marino non c'è più: ma da quando la "vampa di San 'Gniseppi" non la fa più lui non mi piace più, non me la godo. Sarà anche per via delle nuove norme sulla sicurezza (l'Europa ci ha dato e tolto anche questo) che hanno costretto gli organizzatori a trasferire la festa in onore di San Giuseppe, patrono dei falegnami, un po' fuori dal contesto dove era nata. Ma non mi piace più. Forse perchè manca l'entusiasmo di una volta… forse perchè non si è più come prima... Ricordo dunque Lillo Marino che alla fine della festa e della processione gustava salsiccia cotta su quelle braci. Una volta c'ero anch'io. E padre Alfonso Puma, l'arciprete di Racalmuto-Regalpetra, un altro "personaggio" che abbiamo amato e che ci ha lasciato ormai da due anni, acconsentiva. E quella notte c'era anche lui a gustare salsiccia davanti la chiesa di San Giuseppe, con i visi scaldati dalle forti fiamme e dal forte vino da sagrestia. E Marino era contento. E fumava.
Spesso lo si vedeva solo, quasi sempre solo. Ma nella sua solitudine credo che abbia trovato l'equilibrio della sua vita. Quando si stava fino a tardi in un bar spesso lo invitavamo a bere una birra. E si rideva, senza però mai abusare della sua semplicità, della sua signorilità, della sua dignità.Proprio ieri, quando siamo andati a trovarlo per l’ultimo saluto prima dei funerali, con Carmelo Borsellino (che negli ultimi anni si è occupato, più di tutti, della salute di Lillo) abbiamo commentato la storia di quest’uomo. Gente come lui (ricordato anche nell'ultimo libro di Gaetano Savatteri "I ragazzi di Regalpetra" che apre proprio con la figura di Lillo Marino) ha segnato veramente una pagina di storia. Abbiamo pensato a quel personaggio di "Nuovo Cinema Paradiso" di Tornatore… "la piazza è mia, la piazza è mia…". E possiamo dire che la piazza di Racalmuto apparteneva veramente a Lillo Marino. Era felice quando la piazza Castello si riempiva di gente per la festa del Monte: di giostre, palloncini e bancarelle. Si divertiva e giocava, perché per lui il suo palcoscenico era la piazza. La piazza era la sua vita.Quando aprì il teatro "Regina Margherita", nel febbraio del 2003, dopo il presidente Ciampi e dopo i clamori della riapertura dopo quarant'anni di chiusura, si è svolta la prima stagione teatrale.Una sera, tra pellicce e montoni, cravatte e scimmiotti, davanti l’ingresso del teatro vidi (ho lavorato al "Regina Margherita" dal 2003 al 2007) Lillo Marino appoggiato al cancello della villa comunale. Guardava la gente che entrava per lo spettacolo. E fumava. Andai da lui, lo invitai, senza pregarlo, di assistere allo spettacolo. Non ricordo cosa andava in scena quella sera. Forse la "Controversia liparitana" di Leonardo Sciascia. Lillo non accettò subito, perché non amava le elemosine. Me ne andai. Poi mi chiamò, mi diede qualche moneta per comprare il biglietto. Presi i soldi senza naturalmente guardare quanti fossero e gli diedi il biglietto: poltrona in platea. I soliti pavidi scimmiottoni si lamentarono e si allontanarono da lui…Lillo ha visto l’intero spettacolo senza alzarsi. Io lo fissavo, avrò da qualche parte anche un filmato. Ricordai quando Marino se ne stava sempre accanto ad Antonio Liotta, prima al teatro e poi al cinema che poi andò distrutto.Quella sera Lillo mi aveva dato un'altra grande lezione: l'umiltà e il valore degli acquisti. Mi aveva dato pochi soldi, ma aveva comunque comprato il biglietto. Si era sentito come gli altri, senza differenze. Ed era, possiamo dirlo, a casa sua, perché anche lui per un certo periodo di tempo ha collaborato con Liotta al cinematografo che prima era proprio in quel teatro.Una grande lezione, quella sera, davvero. Poi, a spettacolo finito, mi pare che andammo, c'era anche Carmelo Marchese, a mangiare un panino assieme.Si poteva dire tutto, si poteva commentare tutto, ma in quel periodo credo che il teatro sia stato aperto veramente a tutti, senza guardare burocrazie e impedimenti. Forse per questo non è andato tutto liscio. Ma questa è un'altra storia.Resto tuttavia soddisfatto: perchè abbiamo dato, anche aprendo le porte a Lillo, dignità a tutti, anche a coloro che non avevano tessere d'abbonamenti per spettacoli pagati con soldi pubblici.Quanti ricordi, insomma. Quanti altri momenti si potrebbero raccontare.Ma voglio ricordare cosi Liddru Marinu. E mi piace pensare che gli ultimi anni della sua vita li abbia trascorsi nella casa per anziani, assieme a tanti altri che per fortuna non muoiono di solitudine. Un giorno prima di morire ha sentito le sorelle che vivono oltre oceano. Si è spento nel tardo pomeriggio del 12 ottobre. Con sé ha portato un Santino di San Giuseppe e la coppola. Così, non si sa mai!E ieri, nella sua ultima passeggiata nella piazza di Racalmuto, guardando da lassù i racalmutesi rimasti, hic et nunc, qui ed ora, a scimmiottare senza valori, qualche risata l'avrà fatta!
Ciao Don Lillo…

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