domenica 24 febbraio 2019

SONO IO "L'INFAME", LA COLPA DELLA "GOGNA" E' SOLO MIA (Giovanni Salvo)


L'argomento della "Gogna" richiamato all'attenzione mediatica da Gaetano Savatteri, con un articolo apparso su Live Sicilia e rilanciato sui social, finisce certo per non spegnere le luci sul caso.

Il titolo e' "La storia di una "gogna" rispolverata nel paese di Sciascia", con il quale Savatteri introduce la sua soluzione tampone al discusso progetto di riqualificazione di Piazza Francesco Crispi.


La questione riguarda un palo che riproduce la Gogna, antico strumento di tortura,  riprodotto e alzato sul nuovo slargo adiacente il corso principale del paese.

Il giornalista nazionale, nel suo legame con  il paese, cerca di gettare acqua sul fuoco, finendo pero' con incrementare i dubbi.

Un tentativo il suo  per ovviare a quella che tranquillamente può definirsi una scelta architettonicamente "esagerata".

Nulla di grave e di irrisolvibile, se consideriamo i problemi più pesanti che attanagliano il paese, prigioniero di  scombinate compagini politiche, senza precedenti, che hanno tentato di  mettere più volte un "collare" al Sindaco Emilio Messana.

Il ricordo della gogna del collare dunque, secondo Savatteri, sono da motivare attraverso una lapide, affinché' non accada mai più.

In realtà il senso originario dell'idea non e' proprio questo;  sbagliato ridurre tutto ad un discorso  di vittime e carnefici.

Si tratta solo e semplicemente di ricordare  un fatto accaduto secoli prima in quel posto, raccontato da Leonardo Sciascia, in uno dei suoi libri.

L'idea prevede la contestualizzazione dei luoghi sciasciani, descritti nella sua letteratura, e per questo non poteva non coinvolgere anche la centrale piazza Crispi, un tempo luogo del "Cuddraru", abominevole strumento  di tortura destinata agli infami.

Tutto e' nato da un viaggio, post diploma, fatto nelle Marche molti anni addietro.

Avendo presentato italiano agli esami di stato, scelsi come autori Pirandello e Leopardi.

Conseguito il diploma decisi di vedere da vicino i luoghi studiati.

Presi a cuore i due letterati e volli approfondire per conoscerli meglio.

Riguardo a Pirandello non risulto' complicato, in quanto vicino di casa.

Per Giacomo Leopardi invece dovetti organizzare un viaggetto estivo con alcuni compagni di diploma.

Giunti in territorio marchigiano, salimmo direttamente sul colle oltre il quale quando l'aria è chiara si vedono i monti della Dalmazia.

 Mi trovai  finalmente davanti il famoso colle dell'infinito raccontato dal poeta, di cui avevo ben parlato agli esami.

L'infinito è la sommità del Monte Tabor da cui si domina un panorama vastissimo verso le montagne e che ispiro' una delle poesie piu' belle del poeta di Recanati.

All'interno del parco si  trovano il Centro Mondiale della Poesia e della Cultura, sede di convegni, seminari, conferenze e manifestazioni culturali.

Il tutto contestualizzato con delle sobrie lapidi che riportano  le strofe piu' celebri dei versi leopardiani, che quei posti hanno ispirato.

Bella ed originale la lunga scritta, posta su di un muro realizzato con pantofole in terra cotta, in cui spicca la scritta  " Sempre caro mi fu quest'ermo colle"

Lo stesso nella piazza in cui era vissuta realmente la sua amata, dove si trova la lapide con i versi scolpiti dedicati "A Silvia".

Per farla breve, quella scelta originale mi colpi', il ricordo indelebile di quei posti rimase dentro me a lungo, grazie anche a quelle incisioni.

L'idea mi parve molto valida,  facile da realizzare.

Non appena dunque  ebbi la possibilita, ' mi attivai per concretizzarla anche a Racalmuto,dove gli spunti non mancano.

Individuati i passi da incidere,   ne parlai con Giancarlo Macaluso, amico che stimo, con il quale individuammo i posti e le frasi migliori, le piu' appropriate.

Tra i cinque sei luoghi scelti pensammo anche ad una lapide da collocare in piazza Francesco Crispi, precisamente nella parete di fianco l'attuale farmacia.

La frase avrebbe dovuto rievocare, appunto, la medievale Gogna "lu cuddraru", in quanto Sciascia aveva parlato di quel luogo, una volta detto di "li putieddri", delle bottteghe.

Non feci mai mistero con nessuno dell'idea "copiata" a Recanati, affinche' altri potessero continuare il percorso da me iniziato.

Fu questo l'errore?  Dunque anche le migliori e semplici idee, se stravolte possono diventare non del tutto buone.

Lasciandola pendere in letteratura dunque oggi, per concludere, non resta che dire : " le peggiori cose sono fatte con le migliori intenzioni"
(Giovanni Salvo)

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