lunedì 11 luglio 2011

Il diario di Salvatore Petrotto.

Dalla Rete, ad Italia dei Valori, dalla lotta contro la mafia al fango di oggi - cronaca di un martirio.
Pubblicata da Salvatore Petrotto (profilo facebook) il giorno lunedì 11 luglio 2011 alle ore 7.15

I tentativi di martirizzare con errori di valutazione ed imprecisi ricordi il sottoscritto, cancellando decenni di storia di lotta contro la mafia, minando orgoglio ed umana dignità.
Il mio percorso politico ha avuto inizio nel 1991 quando, assieme ad un gruppo di amici, decidemmo di aderire al nuovo movimento “La Rete” fondato da Leoluca Orlando.

In questi vent’anni di politica attiva, partecipata e militante, mai ho chiesto consensi o voti ad esponenti mafiosi, né ai Di Gati, né a nessun altro ed anzi la mia storia politica, i miei ideali, i miei valori, sono sempre stati quelli di oppormi ad ogni forma di prepotenza e prevaricazione.
Né ritengo di averne ricevuto poiché proprio la famiglia Di Gati, di tradizione socialista, ha sempre orientato i suoi consensi a favore di candidati che io ho sempre combattuto: lo stesso Beniamino Di Gati è stato infatti candidato nelle liste del Psi alle elezioni comunali del 1983 e suo fratello Carmelo a quelle del 1988 nello stesso partito. Il primo si candidò presumibilmente anche per ottenere un provvedimento di mobilità che gli consentisse di trasferirsi da un Comune dell’interland milanese al Comune di Racalmuto: provvedimento che effettivamente ottenne nella seconda metà degli anni ’80. Il fratello Carmelo venne eletto consigliere comunale nelle elezioni sopra ricordate.
Prima di appassionarmi alla politica, durante e dopo il mio percorso universitario, ho svolto, anche se non in modo continuativo la professione di giornalista: scrissi pubblicai alcune edizioni di un giornalino dal curioso titolo “La Gazza Ladra”, collaboravo con il periodico locale “Malgrado tutto” e con il quotidiano “La Sicilia, nonché con Tele Video Agrigento, quale corrispondente da Racalmuto. D’accordo con Leoluca Orlando, ritenevo che per poter cambiare questa nostra Sicilia bisognava parlare, bisognava denunciare ogni cosa, ogni misfatto di una classe politica siciliana e racalmutese distratta: solo così si poteva richiamare l’attenzione sullo sperpero del denaro pubblico utilizzato per costruire solo cattedrali nel deserto.
Nel 1992, sono stato candidato alle elezioni politiche nazionali proprio per la Rete e nel 1993 decisi di candidarmi a Sindaco di Racalmuto sostenuto dalla lista della “Rete”. In quelle elezioni, le prime con l’elezione diretta del Sindaco, gli altri candidati erano il Dott. Salvatore Lauricella, un medico sostenuto dalla Dc e l’ex parlamentare regionale Federico Martorana, sostenuto da una lista civica che metteva assieme comunisti e socialisti, questi ultimi guidati dall’On. Vincenzo Milioto.In quell’occasione, gli esponenti mafiosi, come probabilmente avevano sempre fatto e per come riferisce lo stesso Di Gati, si divisero tra il sostegno al candidato della Dc che veniva considerato vincente e il partito socialista cui erano da sempre stati vicini, anche per loro stessa ammissione, i Di Gati.
Lo stesso Di Gati, nelle dichiarazioni pubblicate dal settimanale Grandangolo sostiene che il Lauricella era sostenuto dalla famiglia Sferrazza.
A seguito di una agguerrita campagna elettorale io stesso, in un dibattito televisivo svoltosi presso l’emittente Teleacras, accusai il Lauricella di essersi avvicinato ad esponenti mafiosi e per tale accusa fui querelato dallo stesso.
Nonostante la lista che mi sosteneva riuscì ad eleggere solo quattro consiglieri, al primo turno arrivai primo, davanti a Lauricella ed al ballottaggio vinsi le elezioni staccando il Lauricella di ben 1000 voti: i racalmutesi, anche sull’onda emotiva di Mani pulite e delle stragi di mafia dell’anno precedenti, si erano stancati di una vecchia classe politica autoreferenziale che si occupava, esclusivamente, di sistemare amici e parenti presso uffici pubblici e di sperperare denaro in opere faraoniche ed inutili.
Quanto riferito dal Di Gati in merito alle famiglie di cui Cosa nostra avrebbe controllato il voto non risponde né al vero, né al verosimile: se realmente la mafia a Racalmuto riusciva a controllare ben 300 famiglie (per un totale presumibile di 1000 voti) sarebbe inspiegabile la mia elezione a Sindaco nel 1993.

Senza contare che il Di Gati Maurizio, nelle dichiarazioni che ho avuto modo di leggere su Grandangolo, proietta le vicende relative alle elezioni del 1993 che mi videro contrapposto al Lauricella, alle elezioni successive del 1997, operando pertanto una significativa confusione.
Nel 1997 infatti mi sono ricandidato a Sindaco sostenuto dal Partito democratico della sinistra, dal Partito popolare e da una lista civica che portava il mio nome; il mio sfidante era il Preside Angelo Morreale, storico esponente del partito socialista e già Sindaco negli anni ’70, sostenuto da due liste civiche in cui si candidarono ex democristiani, socialisti, socialdemocratici.
Anche in questa tornata elettorale non ho mai chiesto alcun sostegno alla famiglia Di Gati, né ad alcun altro esponente mafioso: non era questo il mio modo di agire, non erano questi i miei valori e dopo quattro anni di amministrazione attiva ed efficiente, non avevo alcuna necessità di chiedere particolari sostegni.

La mia attività era sotto gli occhi di tutti ed i successi raggiunti bastavano da soli a fare da volano al consenso elettorale: ed infatti vengo rieletto con 1500 voti di scarto.

Anche in queste elezioni gli esponenti mafiosi orientarono i loro consensi a favore del candidato avverso a me: anzi, tra gli assessori designati dal Preside Morreale, figurava un nipote acquisito proprio dei Di Gati, tale Carmelo Sferrazza, sposato con la figlia di una sorella dei Di Gati.
Successivamente nel 2002 non potei essere ricandidato poiché vigeva il limite dei due mandati consecutivi ed orientai il mio sostegno a favore dell’Avv. Luigi Restivo sostenuto dai Democratici di sinistra, dalla Margherita e da due liste civiche. Gli altri due candidati erano l’On. Vincenzo Milioto, eletto nel 2001 al Parlamento nazionale e sostenuto da due liste di ex democristiani e socialisti, ed il geom. Diego Sberna, cugino dell’On. Michele Cimino, sostenuto dai partiti del centrodestra.
Contrariamente ad ogni previsione – l’anno prima il centrodestra aveva fatto il pieno alle politiche con il famoso 61 a 0 – grazie alla popolarità di Restivo, all’arroganza di Milioto ed alla debolezza del candidato Sberna, il primo riuscì a vincere le elezioni. Anche in questo caso la famiglia Di Gati fece una precisa scelta di campo: candida ed elegge al Consiglio comunale la signora Anita Palumbo, cognata della moglie di Beniamino Di Gati e torna ad indicare quale assessore della giunta Milioto lo stesso Sferrazza designato 5 anni prima.

Dal 1991 e sino a poco tempo fa sono stato inoltre candidato numerose volte elle elezioni politiche e regionali ed anche in queste competizioni mai ho chiesto voti, consenso o sostegno ad esponenti mafiosi. Del resto, da quello che ho potuto leggere in questi ultimi anni sul settimanale Grandangolo, mai nessun collaboratore di giustizia ha mai dichiarato di avermi sostenuto, anzi ancora Di Gati dichiara di aver sostenuto alle politiche del 2001 proprio l’On. Vincenzo Milioto.


Relativamente al presunto sostegno elettorale nei miei confronti riguardante l’anno 1997 di cui parla il pentito Maurizio Di Gati, si evidenziano delle chiare incongruenze che palesano la malafede e la menzogna.

Per questo motivo mi sembra doveroso fornire dei chiarimenti su come realmente si siano svolti i fatti.
Quando lui afferma che riusciva a controllare 300 famiglie mafiose di Racalmuto, ci dovrebbe spiegare, confrontando uomini e dati della mia prima candidatura a sindaco risalente al 1993, come mai riesco a vincere contro Lauricella con circa 1000 voti di scarto?
Come si evince dai risultati elettorali, loro erano schierati con Lauricella, infatti per ammissione dello stesso soggetto, il Lauricella era il loro medico di fiducia.
Durante quella cruenta campagna elettorale in occasione di un dibattito televisivo tenutosi presso gli studi di Teleacras, il Lauricella fu da me attaccato duramente e in quella occasione lo accusai di essere votato dalla mafia proprio perché vicino ad ambienti mafiosi.
Per tutta risposta il mio avversario Lauricella presentò una formale querela, per diffamazione, contro di me.
Salvo a ritirarla dopo che lo sconfissi con mille voti di scarto.
Al ballottaggio io ottenni 3.000 (tremila) voti contro i 2.000 (duemila) di Salvatore Lauricella.
Correva l’anno 1993 e non come erroneamente ricorda il Maurizio Di Gati, e cioè il 1997.
In quella elezione fui sostenuto da una sola lista, quella della Rete di Leoluca Orlando, mentre il Lauricella veniva appoggiato dalla DC.
Inoltre notiamo che il pentito Maurizio Di Gati con un lapsus Freudiano proietta nelle elezioni del 1997 proprio il candidato Lauricella, indicandolo come mio avversario.
Questo a mio avviso denota come io non fui mai votato da queste persone, essendo anni luce distante da loro e dalla loro cultura mafiosa e mentalità mafiosa.
Nel 1997 è doveroso chiarire che il mio vero avversario, come risulta dai dati elettorali e non dai dati forniti erroneamente dal Di Gati, fu il socialista prof. Angelo Morreale.
I Di Gati da sempre vicini al partito socialista sin dagli anni ’80, indicarono, alle elezioni comunali di Racalmuto del 1997, quale assessore della squadra di Morreale, un loro nipote acquisito, sposato con la figlia di una sorella dei Di Gati, tale Carmelo Sferazza.
Questi, il Carmelo Sferrazza, fu indicato, sempre dalla famiglia Di Gati, in maniera ufficiale, nuovamente quale assessore, anche nel 2002, nella squadra del candidato socialista Milioto che, durante la campagna elettorale del 2002 si contrappose al candidato avv. Gigi Restivo, da me ufficialmente sostenuto e risultato il vincitore di quella competizione elettorale.
Va inoltre sottolineato che i Di Gati, sempre nella consultazione elettorale del 2002, proposero ed elessero consigliere comunale Anita Palumbo, loro cognata di. Si tratta della stessa Anita Palumbo imposta a lavorare, dal Maurizio Di Gati, nel supermercato apertosi nel 1996 a Racalmuto, chiamato Market Ingross che, poi, assunse la denominazione di Di Meglio.
Ed allora se la mafia di Racalmuto contava e conta così tanto, come mai perdette tre campagne elettorali consecutive nel ’93 con il Lauricella, nel ’97 con il socialista prof.Angelo Morreale e nel 2002 con l’altro socialista l’On. Vincenzo Milioto?

Concludo dicendo che la mafia di Racalmuto, a partire dal 1993, e cioè sin dalla prima volta che fui eletto sindaco, è rimasta lontana dalla mia persona, così come dalle mie liste.
Il primo ringraziamento dopo la mia elezione a Sindaco nell’anno del 1993, fu, infatti, quello di incendiare la casa di campagna di mio suocero e poi via via tutti gli altri episodi criminali perpetrati ai miei danni e non solo.
Consideriamo anche che decine furono gli attentati e le intimidazioni contro di me, ma anche contro i miei assessori ( vedi minacce telefoniche, gesti intimidatori all’assessore Iannello ed alla sparuta rappresentanza di consiglieri che allora mi sostenevano, vedi attentato contro Picone e contro Ignazio Marchese).
Successivamente mi fu inviato un proiettile insanguinato in una busta chiusa, a seguire imbrattarono di escrementi umani il gabinetto del sindaco,furono compiuti furti di computer e di tessere che paralizzarono l’attività amministrativa della macchina burocratica del comune di Racalmuto, da me rappresentato.
Alla fine giunsero all’attentato eclatante. La vecchia tipo rossa di mia proprietà, quella con cui assieme a tutti i miei amici avevo festeggiato la prima elezione del 1993, venne per ben due volte data alle fiamme nel 1996. Forse con quel gesto volevano bruciare ciò che era diventato un simbolo di lotta per una nuova politica racalmutese.
La prima volta l’incendio fu appiccato in pieno giorno. Ricordo che era una domenica mattina. Un ragazzo accortosi per caso che dal motore della mia macchina usciva un denso fumo bianco suonò al mio campanello avvisandomi appena in tempo. Solo in questo modo si riuscì a spegnere il fuoco al suo nascere, scongiurando il peggio.
Dopo qualche settimana non contenti, ritornarono alla carica, questa volta non vollero sbagliare e per meglio mimetizzarsi agirono dell’oscurità della notte.
Dopo avere cosparso con alcuni bidoni di benzina la mia macchina, le diedero fuoco.
Le fiamme si propagarono veloci ed imponenti giungendo fino al terzo piano, proprio davanti la nostra camera da letto. A dare l’allarme, per prima, fu mia moglie che, dopo avere svegliato nostra figlia di appena due anni e me, telefonò subito ai carabinieri ed ai vigili del fuoco. In tutto il condominio abitato da ben dodici famiglie, scene di panico e di paura si inseguivano con la stessa velocità delle fiamme.

Dopo queste vicende spiacevoli che avevano il chiaro intento di intimidire non solo la mia persona, ma un intero paese, tutta una serie di manifestazioni miranti ad esprimermi solidarietà vennero organizzate spontaneamente.
Con ciò tutta Racalmuto volle dimostrare con forza che non ero solo; avevo la gente e le Istituzioni dalla mia parte.
D'altronde il mio esordio contro la mafia era stato inequivocabile.
Per questo è giusto qui ricordare che prima di essere un politico io fui un giornalista che voleva informare la gente di come realmente stavano le cose. Collaboravo, da giornalista pubblicista con il giornale LA SICILIA di Catania e con Tele Video Agrigento, diressi un piccolo periodico locale dal titolo “La Gazza Ladra” dove, in un numero, in prima pagina misi tutta la cronaca della morte di Giuseppe Fava.
In quel periodo, correva l’anno 1991, aderii anche alla Rete.
D’accordo con Leoluca Orlando, ritenevo che per poter cambiare questa nostra Sicilia bisognava parlare. Bisognava denunciare ogni cosa, ogni misfatto di una classe politica racalmutese distratta.
Solo così si poteva porre attenzione allo sperpero del denaro pubblico, utilizzato per costruire solo cattedrali nel deserto.
Riguardo invece ai lavori pubblici abbandonai la logica dei mega-appalti. Logica invece appartenuta a quella classe dirigente che anche a Racalmuto ha dissestato le casse dello Stato e della Regione, devastando spesso interi territori, vedi ad esempio la strada Racalmuto-Grotte-Milena, costata, nel 1989, cinque miliardi delle vecchie lire.
Si tratta di una mulattiera, rimasta sterrata ed incompleta, di 800 metri di lunghezza, per sei metri di larghezza, ed il cui costo effettivo, volendo effettuare delle perizie accurate, si aggira appena ad un miliardo delle vecchie lire.
Centinaia furono le opere pubbliche utili realizzate invece a partire dal mio primo insediamento da sindaco. Sono opere di urbanizzazione primarie e secondarie, impianti sportivi, restauro del Teatro comunale e del Castello Chiaramontano, realizzazione ed apertura della Fondazione Leonardo Sciascia. Riqualificazione del tessuto urbano ed extraurbano, il tutto garantito attraverso l’impiego di centinaia di imprese, con migliaia di lavoratori, impegnati nell’arco di circa un decennio.
Non più cattedrali nel deserto, ma opere e servizi garantiti a tutti i cittadini e con l’apporto di tutte le imprese e di professionisti del luogo ed oltre.
Il tutto si realizzò contrariamente a quanto avveniva negli anni ’80, quando oltre a sperperare i soldi pubblici in miliardarie opere inutili, venivano coinvolti solo pochi imprenditori e professionisti che si potevano contare sulle dita di una mano.
Ritengo che in questo modo, cioè garantendo tutto a tutti, ho dato un duro colpo alla mafia. Ho coinvolto tutti i miei concittadini nella gestione della cosa pubblica, siano stati essi semplici lavoratori, liberi professionisti o imprenditori.
Questa logica trasparente, diede terribilmente fastidio alla mafia, abituata a condizionare attraverso un ristrettissimo numero di imprese e di professionisti di loro riferimento, interi flussi economici non solo del bilancio comunale ma anche riguardanti i finanziamenti dalla regione, dallo Stato e dall’Unione Europea.
Ecco che cosa significa avere consentito un’equa distribuzione della ricchezza, garantendo tutto ciò che era positivo e utile alla collettività, a tutti, ad un intero popolo che, di lì a breve, nel 1997, mi rielesse sindaco con il 65% dei suffragi.
Incalcolabili, una miriade, furono i lavori ed i servizi essenziali che riuscimmo a garantire in quei due fatidici anni, il 1995, il 1996 ed il 1997.
Si trattava, forse per la prima volta a Racalmuto, di una politica del territorio che privilegiava, in maniera assolutamente prioritaria, una virtuosa spesa pubblica.
Si realizzarono un numero infinito di opere e strutture e servizi sociali e di ogni genere, fortemente richiesti dai miei concittadini.
Finalmente si spendevano i soldi per la gente, per i bisogni reali e non fittizi della gente; finalmente i soldi non venivano più risucchiati in quei veri e propri buchi neri, costituiti da opere pubbliche faraoniche che non servivano e non portavano a niente.
Ci riferiamo a quelle strade miliardarie ed assolutamente inutili che provocavano anche, ovviamente, una irrimediabile devastazione del territorio di Racalmuto.
E di esempi in tal senso ce ne sono parecchi di opere buone soltanto a dilapidare ingentissime risorse economiche pubbliche.
Ed il dato che più saltava agli occhi di tutti i miei concittadini era quello che tali opere inutili servivano, soprattutto, a riempire le tasche di pochissimi imprenditori e professionisti che non esitavano a gonfiare importi e fatture di detti lavori miliardari, per rubare il pubblico denaro.
Ma il furto più cocente per le nuove generazioni fu costituito dal fatto che questi signori sono stati dei ladri di futuro!
Ci riferiamo al futuro dei giovani disoccupati di oggi che scontano le colpe di chi ha loro rubato proprio il loro futuro lavorativo, occupazionale a causa di quelle ruberie degli anni Ottanta.
Ciò che ancora oggi resta di quegli scempi economici ed ambientale sono degli enormi cimiteri di detriti e di mura pericolanti, costruiti tra l’altro, con cemento depotenziato.
Castelli di sabbia nati per rovinare maledettamente su sé stessi e che hanno rappresentato quelle rovine di cui diffusamente ho parlato anche in altre circostanze.
Un disastroso patrimonio sprecato, una serie di delitti consumati ai danni delle nuove generazioni.
Non si contano gli sprechi e le ruberie, per favorire opere mai finite e che fanno parte di quella folle epopea, di quello stile, non solo architettonico ma anche di vita e di imperdonabile deficit economico, sociale, culturale e strutturale, proprio di quei, si fa per dire, favolosi anni Ottanta.
Lo stile a cui facci riferimento è quello che io, in più occasioni, battezzai, il nostro ‘non finito siciliano’.
Si tradì un popolo, intere generazioni, non garantendo loro alcunché che avesse a che fare con una programmazione congeniale alla creazione di vero sviluppo ed occupazione.
Ecco perché rivinco le elezioni comunali del 1997, assieme ai miei assessori dell’epoca, avevamo rivoluzionato un paese attraverso alcune centinaia di piccoli e medi cantieri di lavoro, creazione di aree verdi, campi di calcetto, parcheggi, servizi igienici pubblici, nuove fontane, l’inaugurazione della prestigiosa sede della Fondazione Leonardo Sciascia, recentemente visitata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,numerosi restauri di chiese e monumenti, compreso il palazzo municipale che cadeva a pezzi, la ristrutturazione e gli adeguamenti di tutte le scuole, asilo nido, scuola materna, scuola elementare e media, il restauro e la riapertura successiva, del Teatro Comunale Regina Margherita , il restauro ed il riutilizzo quale prestigiosissimo museo e sala convegni, di uno dei più imponenti castelli medievali siciliani, il castello Chiaramontano. La programmazione dei recuperi e ristrutturazioni ed il riuso come centri socio-culturali di un ex macello dell’Ottocento o di un ex convento del ‘600 del Carmelo, recuperi e riutilizzi poi puntualmente realizzatisi agli inizi del 2000.
Facemmo ammettere a finanziamento attraverso il patto territoriale, Sicilia Centro Meridionale, seguito dall’Architetto Olindo Terrana, l’autodromo Valle dei Templi, oggi uno dei pochi circuiti attivi nel Mezzogiorno d’Italia.
Ottenemmo dalla Provincia Regionale di Agrigento, allora retta dal Presidente, avv. Stefano Vivacqua il completamento del Palazzetto dello Sport, i cui lavori iniziali erano stati fortemente voluti, dal racalmutese Giovanni Avenia, vicepresidente della Provincia, a cavallo degli anni Ottanta e Novanta.
Per la prima volta abbiamo attivato a Racalmuto un efficientissimo servizio pubblico di trasporto urbano, Per non citare i numerosissimi servizi sociali che capillarmente ci consentivano di assistere a livello domiciliare o nelle scuole, le categorie sociali più deboli, anche avvalendoci di tecnologie avanzate, per l’epoca, quali i salvavita elettronici.
Non discutiamo dell’occupazione, garantita a partire, proprio in quegli anni, ad oltre 150 disoccupati, reclutati attraverso quel bacino occupazionale, denominato L.S.U. (Lavoratori Socialmente Utili) che si sono rivelati, realmente utili ed indispensabili in tutti i settori e le infrastrutture comunali ed a un numero di cantieri di lavoro per disoccupati che assorbirono più di duecento lavoratori.
Non ci facemmo mancare anche eventi eccezionali, con cantautori di livello internazionale, quali la cantante israeliana Noa, proprio in quegli anni, nel 1995 e che di lì a poco si affermò ai massimi livelli nel panorama canoro internazionale.
E poi la ricomparsa in Italia, con uno strepitoso successo di pubblico, dello storico gruppo cileno degli Intillimani.
I maggiori cantautori italiani erano di casa a Racalmuto, da Pierangelo Bertoli, ad Enzo Iannacci, Ron, Francesco Baccini, Eugenio Finardi, gli Stadio, Edoardo Bennato ed altre decine di gruppi musicali e teatrali.
Serrate furono le battaglie contro la malaburocrazia dei CO.RE.CO. (Comitati Regionali di Controllo) che condizionavano, il più delle volte in negativo, ogni singola attività di tutti gli enti pubblici siciliani.
Vincemmo la battaglia, assieme a Leoluca Orlando, che allora era, oltre che sindaco di Palermo, anche Presidente Regionale dell’ANCI (Associazione Comuni d’Italia).
Facemmo un incontro regionale a Racalmuto, all’Auditorium Santa Chiara, in sua presenza, oltre che in presenza degli allora deputati regionali Angelo Capodicasa, Franco Piro e tanti altri ancora.
Scrivemmo a Racalmuto la norma per abolire i CO.RE.CO. e liberare i comuni dalle inutili e defatiganti pastoie burocratiche che impedivano ogni qualsivoglia azione amministrativa,non consentendo di dare quelle indispensabili risposte che i cittadini chiedevano da tanti, troppi anni, inutilmente!
E la lotta alla mafia in primo luogo, la conducemmo in maniera arrembante, favorendo la rinascita di Racalmuto e la sua grande crescita economica, sociale e culturale, sconfiggendo , attraverso una sana, puntuale e trasparente attività amministrativa qualsiasi condizionamento criminale.
Lotta condotta da me e da tanti altri miei colleghi amministratori, denunciando puntualmente fatti e circostanze equivoche e sospette, senza ingenerare inutili allarmismi ed incorrere in pericolose e speciose generalizzazioni, ma individuando, con chirurgica attenzione, il settore nevralgico dove si annidavano gli interessi mafiosi, i grandi lavori pubblici.
Queste sono alcune tra le più significative motivazioni del perché rivinco le elezioni nel 1997, ottenendo il doppio dei voti rispetto al mio avversario.

Fiducioso in questa analisi socio-economica ribadisco inoltre che, tra l’altro, ho avuto modo di dare solo in meno di due anni, dal ’96 al ’97, ben milleduecento affidamenti, con contrattazione diretta, per un ammontare di spesa di svariati miliardi di vecchie lire ad oltre mille imprese e società di servizi.
Tra questi mille e più, solo due affidamenti sono quelle di cui parla il Maurizio Di Gati.
Per quei tempi si tratta di due imprese regolarmente iscritte alla Camera di Commercio, dopo avere prodotto tutte le certificazioni antimafia.
E’ giusto sottolineare inoltre come entrambe queste due imprese siano ancora operanti nel territorio.
Una in particolare, l’ AR.LI. di Grotte.
Ad oggi essa ha in gestione l’impianto di illuminazione del comune di Grotte, per un importo annuo che si aggira intorno ad alcune centinaia di migliaia di euro.
E’ inoltre puntualmente invitata a tutte le gare delle pubbliche amministrazioni del territorio, come si può verificare.
L’importo di questi due lavori affidati alle imprese di cui parliamo per gli anni di riferimento ’96 e ’97 ammonta a meno di cinquanta milioni delle vecchie lire ciascuno, a fronte di una decina di miliardi spesi proprio in quegli anni.
Se questo significa favorire imprese mafiose, con tutto il doveroso rispetto che nutro nei confronti degli organi in inquirenti, non vedo assolutamente la fondatezza di questa valutazione, visto che anche queste due imprese, così come le altre mille, erano regolarmente iscritte ed avevano prodotto regolare certificazione antimafia, presso la camera di commercio.
Mi pare un po’ poco, se non addirittura paradossale, se la confrontiamo con la concentrazione della ricchezza in pochissime mani tipica degli anni ’80 di quando, per intenderci, la spartizione dei lavori avveniva attorno ad un tavolo dove erano seduti soltanto una ristretta cerchia o cordata che dir si voglia, di imprenditori.
A Racalmuto invece sono stati affidati, seguendo tutti i parametri di legalità, in base a quanto prevedeva e regolamentava la legge, lavori e servizi a tutte le imprese indistintamente, nessuna esclusa, che erano regolarmente iscritte all’albo di fiducia dell’ ufficio tecnico comunale.
Il pentito Maurizio Di Gati riferisce inoltre che avevo fatto un presunto favore ad un altro fratello, il dipendente comunale Beniamino Di Gati, per poi andargli a chiedere i voti nel 1997.
Niente di più falso perché, l’unico favore, si fa per dire, che gli ho fatto, è stato quello di averlo sospeso per un anno. Dal Gennaio 1995 fino all’ 1 febbraio del 1996, con un atto illegittimo, perché a sospenderlo doveva, ai sensi della legge dell’art.71 dello Statuto del Comune di Racalmuto, il segretario comunale.
Nel 1997, chiamato dal Prefetto ed invitato a prendere una decisione riguardo alla situazione del Beneamino Di Gati, recatomi in Prefettura con l’avvocato Giacomo Triolo e la segretaria comunale, facevo presente al Prefetto che la competenza per l’adozione di provvedimenti disciplinari e della sospensione del servizio, ai sensi delle leggi vigenti e dello statuto comunale (art. 71), era di competenza del segretario comunale.
Precisavo anche al S.E. il prefetto di Agrigento che il Di Gati nel 1997 non era sottoposto ad alcuna misura di prevenzione e pertanto, ai sensi delle leggi vigenti, in quel periodo, e secondo il contratto di lavoro, non poteva essere sospeso dal servizio.
Ricordo inoltre perfettamente, e ciò può essere testimoniato dal mio consulente legale di allora, avv. Giacomo Triolo, presente all’incontro, al quale avevo già chiesto, tra l’altro, un primo parere rispetto alla problematica del Di Gati Beniamino che, la mia posizione era netta e inderogabile, dopo che il Prefetto aveva invitato l’ente a prendere un provvedimento nei confronti del Beneamino Di Gati.
Al mio avvocato chiaramente dissi che se i funzionari preposti non l’avessero fatto, pur trattandosi di un atto ingiusto, di un vero e proprio abuso d’ufficio contro il dipendente Beniamino Di Gati, la sospensione dal servizio l’avrei firmata immediatamente io.
Ed è ciò che puntualmente feci, a costo di farmi ammazzare.
La sospensione fu fatta dal sottoscritto come si desume dai provvedimenti agli atti del Comune di Racalmuto e che fanno parte del fascicolo personale del Di Gati.
Tanta era ingiusta la sua sospensione, a firma mia, che il Di Gati Beneamino non solo fece causa al comune, vincendola ed essendo riammesso in servizio con un provvedimento a firma del Giudice del Lavoro.
In quel periodo il Beneamino Di Gati, dal suo punto di vista, di persona che subisce una ingiustizia, non faceva mistero, raccontandolo in giro e riferendolo anche al mio consulente legale, avv. Giacomo Triolo che era molto risentito nei miei confronti.
Malgrado tutto, mi sostituivo ai funzionari preposti, mia sponte, proprio perché avevo una chiara avversione contro questi soggetti, forse anche animato da un irrefrenabile furore giustizialista!
Infatti, mentre il fratello Maurizio, sostiene che io lo avrei favorito, Beniamino l’aveva a morte con me, proprio perché lo avevo sospeso per un anno da dipendente comunale, togliendogli lo stipendio e facendogli un torto, in quanto le allora leggi vigenti, non prevedevano un trattamento sanzionatorio così drastico, come la sospensione per un anno.
Non è un’insinuazione e neanche un sospetto, ma le feci al Comune, cosparse nel mio ufficio, le carte d’identità rubate, proprio alcuni mesi dopo la sospensione dal servizio del dipendente comunale, Beniamino Di Gati, con mia determinazione sindacale, che risale proprio all’inizio di quell’anno, credo che vada valutata.
E poi, sempre contro il Di Gati Beniamino, due anni dopo, nel 1997, senza che lo stesso avesse a suo carico una misura di prevenzione, lo sospendo, ancora una volta, facendogli un torto, perché non dovevo essere io ad infliggergli dei provvedimenti disciplinari e tanto meno la sospensione dal servizio che non erano previsti, tra l’altro né dalle allora leggi vigenti, né dallo Statuto e dai regolamenti dell’Ente.
L’ho maledettamente danneggiato la prima e la seconda volta!
La prima volta, nel 1995 l’ho sospeso dal servizio per un anno anche se tale sospensione doveva essere firmata ai sensi delle vigenti leggi di allora e di ora e dall’art. 71 dello statuto comunale dal segretario.
Nel 1997 per la seconda volta mi sostituii al segretario comunale, sospendendolo que
sta volta ingiustamente, come si evince dal provvedimento di reintegro di un Magistrato del Lavoro, nel posto che occupava al Comune.
Come si evince da questa analisi io ho danneggiato con la sospensione dal lavoro e pesantemente, il suddetto Beneamino Di Gati.
Ma allora mi chiedo, è questo forse il favore che gli avrei fatto?
Tra l’altro la seconda sospensione viene da me fatta proprio in quel 1997 in cui il fratello Maurizio sostiene falsamente che si delineò il presunto accordo con la mia persona .
Io ribadisco con forza e con documenti alla mano che il Di Gati Beneamino ha, da parte mia, subito solo a suo carico una dura sospensione dal servizio che fu dichiarata illegittima dal Giudice del Lavoro, in quanto lo stesso, in quegli anni, non era colpito da alcuna misura di prevenzione.
Ma io non dico questo, ma le feci nel mio ufficio o le carte d’identità rubate, dopo che sospendo Beniamino Di Gati, la prima volta, il 25 gennaio del 1995, che c’entrano con le dichiarazioni di chi sostiene che queste cose me le sono fatte io?
Vorrei, adesso, confutare quanto contenuto, in qualche articolo di stampa a proposito dei presunti appalti illegittimi che, invece erano perfettamente legali, in relazione alle inesatte rivelazioni del pentito Maurizio Di Gati, visto che la ditta del fratello Giuseppe, era in regola, anche con le certificazioni antimafia.

Si trattò allora, siamo nel 1996, di uno dei settecento affidamenti di lavori e/o forniture di beni e servizi, da me firmati, a seguito delle trattative esperite dall’ufficio tecnico comunale, comprese ovviamente le procedure di individuazione delle ditte a cui affidare detti lavori e servizi.
Nell’anno successivo, nel 1997, altri 500 furono gli ulteriori affidamenti per lavori e forniture di beni e servizi del comune che recano anch’esse la mia firma, in quanto, allora, la competenza per quanto attiene il provvedimento finale di tali aggiudicazioni era del sindaco.

Gli investimenti pubblici in quegli anni ammontavano ad una decina di miliardi di vecchie lire, spesi nell’interesse della collettività, per assicurare manutenzioni del patrimonio pubblico, creazione di strutture ed infrastrutture e tantissimi servizi essenziali per la collettività da me rappresentata.

Il legittimo affidamento di un lavoro che si aggirava attorno ai quaranta milioni delle vecchie lire ad uno degli oltre dieci fratelli e sorelle di Maurizio e Beniamino Di Gati, Giuseppe, assieme ad un altro lavoro, affidato, anch’esso legittimamente e con tanto di certificazione antimafia, alla ditta AR.LI. di Grotte, tutt’ora operante e perfettamente in regola, questo significa aver favorito gli interessi di Maurizio o di Beniamino Di Gati?

In quanto al provvedimento disciplinare comminato al dipendente comunale Beniamino Di Gati preciso e ribadisco, ancora che l’ho sospeso dal servizio, una prima volta, per un anno, dal gennaio del 1995 al febbraio del 1996.

In realtà, ai sensi dell’art. 71 dello statuto comunale, approvato dal consiglio comunale di Racalmuto, proprio nel Gennaio del 1995, in applicazione a quanto previsto dalle leggi vigenti in materia di individuazione dell’organo competente a comminare sospensioni e provvedimenti disciplinari , ad emettere tali provvedimenti, avrebbe dovuto essere, il segretario comunale.

Ma io allora, quando venni informato, nel Novembre del 1994 della misura di prevenzione a carico del dipendente Beniamino Di Gati, non esitai un istante a firmare la determinazione sindacale di sospensione dal servizio del Di Gati .

Poco più di quattro mesi e mezzo dopo quella sospensione, mi fu cosparsa la scrivania e l’intero ufficio di gabinetto del comune con escrementi umani, cioè con merda, chiaro gesto di enorme disprezzo e di schifoso sfregio nei miei confronti.

Oltre a cospargermi l'ufficio di sindaco con una montagna di merda, siamo ai primi di Giugno del 1995, rubarono in quell’occasione, numerose carte d’identità in bianco, computer, programmi e software dell’ufficio tecnico comunale.

Successivamente, nel 1998, sospendo una seconda volta dal servizio per più di un anno, sempre il Di Gati Beniamino.

Questa volta commisi un abuso di ufficio nei suoi riguardi, in quanto non era sottoposto ad alcuna misura di prevenzione e pertanto non poteva essere sospeso dal servizio.

Tant’è che il Beniamino Di Gati intentò una serie di ricorsi, contro il comune da me rappresentato, nella qualità di sindaco che lo aveva penalizzato ed ingiustamente danneggiato.

Il Beniamino Di Gati vinse il ricorso davanti al Giudice del lavoro e fu infatti reintegrato al suo posto, al Comune.

A tal proposito il Di Gati Beniamino non faceva mistero, parlandone in giro per il paese, del fatto che ce l’aveva con me, per il pesante torto che gli avevo fatto.

Questi sono i favori che avrei accordato ai Di Gati, ed in modo particolare a Beniamino Di Gati?

Su tangenti e quant’altro, e tutto si commenta da sé: è chiaro che si tratta di falsità!

Riguardo alla licenza per l’apertura di un supermercato a Racalmuto, di cui parla l’imprenditore Burgio, col quale mai abbiamo avuto contatti in quel periodo, siamo nel 1996, pensate un po’, quell’atto che ha consentito l’apertura proprio di quel supermercato, nel Giugno del 1996, è stato firmato dall’allora mio vicesindaco, in quanto, non solo io ero assente ma non sapevo nulla della sua apertura, considerato il fatto che di quella pratica allora se ne occuparono gli uffici comunali competenti e l’allora mio vicesindaco.

Questa vicenda, la dice lunga sul fatto che qualcuno, forse per millantato credito e spacciandosi per chissà chi, ha usato in maniera fraudolenta, il mio nome, per curarsi i suoi affari.

Sulla rete idrica consiglieri, assessori e cittadini tutti possono testimoniare, risulta anche in atti deliberativi pubblici, che tale lavoro, fu notevolmente avversato, anche dal sottoscritto.
La motivazione di tale mia avversione, risiede nel fatto che, fui tratto in inganno, in quanto il progetto che doveva riguardare la sistemazione della rete idrica interna, invece fu parzialmente stravolto, con l’effettuazione di alcuni lavori all’esterno del centro abitato, laddove non c’era la necessità di intervenire.
Sull’iter relativo all’aggiudicazione dei lavori e su chi ci lavorava, penso che ne sanno più di me i tecnici comunali dell’epoca, oltre che il progettista e direttore dei lavori, Ingegnere Angelo Cutaia.
Quest’ultimo, l’ingegnere Angelo Cutaia, nelle varie fasi di lavorazione, costantemente, si relazionava con Vincenzo Licata, da Grotte, accompagnato, costantemente da Maurizio Di Gati.

Il Licata svolgeva le funzioni di capocantiere, per conto della ditta che stava eseguendo i lavori.
Del resto allora sia il Licata che il Maurizio Di Gati erano ritenuti, anche dagli addetti ai lavori e da chi gli stessi controllava, persone di fiducia, oltre che persone incensurate.
Nel 2007, insediatomi per la terza volta sindaco di Racalmuto, mi costituivo parte civile in un processo di mafia proprio contro il Di Gati Maurizio, Vincenzo Licata ed Ignazio Gagliardo, alla luce dei fatti successivi al 1999, a quando cioè si scoprì che questi tre soggetti, contrariamente a quanto ritenuto sino ad allora, appartenevano a Cosa Nostra.

Delle tre posizioni giudiziarie, quella che rappresentava un’assoluta ed insospettabile scoperta, in modo particolare emerse quella di Ignazio Gagliardo, fratello di due carabinieri, tutt’oggi in servizio.
Ma anche il Licata ed il Maurizio Di Gati, non davano ad intendere alcunché di riconducibile alle logiche criminali o mafiose.

Il processo di mafia, nel corso del quale, lo ribadisco, nel 2007 mi costituii parte civile, anche contro i Di Gati, Gagliardo e Licata, nella sua definitiva sentenza di condanna, prevede un cospicuo risarcimento in sede penale, oltre che civile, a favore del comune di Racalmuto da me rappresentato in giudizio, in tutti e tre i gradi.

Nel 2008, l’anno successivo al mio ultimo insediamento da sindaco, ricordo in particolare che ad uno dei tre, oggi conclamati mafiosi e pentiti, gli confiscavo la sua auto e la sua abitazione principale e le assegnavo, l’auto ai servizi sociali del comune, mentre la casa di Ignazio Gagliardo l’affidavo all’associazione Volontari Riuniti di Racalmuto, dove a tutt’oggi detta associazione opera ed ha i suoi uffici.

Queste e tante altre sono le ragioni che, dal mio punto di vista hanno indotto, i Di Gati Beniamino e Maurizio, nonché il Gagliardo Ignazio a nutrire dei profondi risentimenti nei miei confronti.

Rispetto alla vicenda degli attentati subiti da me, dai miei familiari, dagli assessori e dai consiglieri comunali che con me collaboravano in quel periodo, credo che tutto ciò non necessita di particolari commenti o valutazioni.
Avere rischiato, allora, la vita, quella mia e di tutti coloro i quali mi stavano vicino ed essere oggi infangato, denigrato, delegittimato, spogliato anche dell’ultimo rimasuglio di dignità umana, stavolta si, non fisicamente, ma, moralmente e civilmente, mi ha ferito a morte.
E’ con la morte nel cuore, sono costretto a pensare che io stia continuando a pagare un prezzo salatissimo in termini di atrocità, perpetrate nei miei confronti.
L’avere lottato contro la mafia ed i suoi loschi interessi, adesso oltre ad un insopportabile discredito, sconforto ed amarezza, mi ha fatto catapultare nel bel mezzo di un intricato giallo, alla stregua di certi casi, che non oso più neanche evocare, per il doveroso rispetto che nutro nell’Amministrazione della Giustizia.
Casi, di cui sono costellate le storie vissute e quelle che fanno parte del patrimonio letterario, Sciasciano, visto che ci troviamo a Racalmuto, paese amato e trasfigurato dall’autore de Il Giorno della Civetta.
Nutro profondo e smisurato rispetto e fiducia nei confronti di tutti gli organi inquirenti e della Magistratura.
Spero che, al più presto, si possa far luce sulle vicende giudiziarie, scaturite da rivelazioni, in alcuni casi, documenti alla mano, palesemente infondate, come i due lavori, del tutto legittimamente affidati,di cui parla il Di Gati Maurizio, sugli oltre mille, lavori e servizi, altrettanto legittimamente affidati tra il 1996 ed il 1997, anni di riferimento, relativi a dette rivelazioni.
Ma anche sulla questione dell’altro Di Gati, il Beniamino, il dipendente comunale, da me sospeso dal servizio per più di due anni, in un caso, ingiustamente, visto che, a torto, gli ho tolto il posto di lavoro ed è stato da un giudice reintegrato in servizio.
Non ci sono dubbi sul fatto che io questi due fratelli, Giuseppe, titolare dell’impresa omonima, incensurato ed in possesso allora ed oggi di regolare certificazione antimafia e Beniamino, non solo non li ho favoriti, ma nel caso del dipendente comunale Beniamino Di Gati, l’ho ingiustamente danneggiato.

Su storie di presunte tangenti e riguardo alla vicenda dell’apertura del supermercato, da parte dell’imprenditore Burgio, credo che, anche in quel caso, le carte parlano chiaro; non solo non chiesi nulla ma anzi, in mia assenza, proprio perché di questa apertura non me ne interessai, a firmare, quello che non so se era un atto doveroso, quello cioè che ne consentì l’apertura, ossia la licenza commerciale, non fui io, ma l’allora mio vicesindaco
.
Ed allora, di che cosa stiamo parlando?
Di infamanti, calunniosi ed agghiaccianti chiacchiere che hanno minato in profondità la mia condizione di uomo che non ha mai chiesto nulla a nessuno e che è stato, forse, semmai, solo e costantemente provocato e strumentalmente utilizzato a sua insaputa.
Da chi, è presto detto.
Uomini che da soli, o in compagnia, magari in combutta con soggetti insospettabili, che poi si sono rivelati, killer, mafiosi e/o pentiti, hanno tentato, ed ancora oggi forse ci provano, a rovesciare delle cristalline verità.
Mi riferisco alle verità, di chi come me, ha frontalmente ed in tutte le sedi lottato contro la mafia, rischiando la vita negli anni novanta, per poi essere colpito mortalmente in questi amari e tristi frangenti, di una mia ingiusta e grama quotidianità.
Quella di oggi, di una primavera ed un’estate della mia vita, ancora una volta tradita, colpita, cancellata, non si sa se per sempre, ed a futura memoria, da chi ha coltivato ieri quel tragico odio che sfociava in omicidi e stragi mafiose.
Ora ritengo che il tentativo è quello di dimostrare che anche colui il quale nulla mai ha chiesto, era succube di personaggi verso i quali ha solo nutrito sentimenti di compassione; non tanto per loro, ma per i loro figli, che ho avuto anche come alunni a scuola, e tutti i loro familiari, costretti a subire lutti ed ignominiosi apprezzamenti ed il completo disprezzo da parte della collettività racalmutese che, con fierezza, con orgoglio, con dignità, io ho rappresentato per oltre tredici anni nella qualità di sindaco.
Ed ho resistito contro il volere, anche di soggetti quali Maurizio e Beniamino Di Gati o Ignazio Gagliardo, rivelatisi quei mafiosi di cui non tutti riuscivamo o riuscivano a scoprirne la loro effettiva identità, compresi coloro i quali, ci lavoravano, fianco a fianco, gomito a gomito.
Mi riferisco a tecnici comunali ed esterni, funzionari ed imprenditori, colleghi d’ufficio di Beniamino Di Gati, ma anche a qualche organo inquirente da me sollecitato.
In occasione delle riunioni di Comitato di Sicurezza ed Ordine Pubblico, convocato più volte in Prefettura, all’indomani degli attentati perpetrati ai mie danni e dei miei familiari, assessori e consiglieri comunali tra il 1993 ed il 1997 qualcosa iniziò a muoversi.

Soprattutto dopo l’incendio della casa di campagna, avvenuta nel Febbraio del 1998, dell’allora capo dell’ufficio tecnico comunale, geometra Alfonso Delfino.

Per non parlare del tragico epilogo dell’aprile, sempre del 1998, costituito dalla scomparsa, si presume per lupara bianca proprio di Alfonso Delfino.

Ed in tutti gli incontri con i vertici delle Forze dell’Ordine della provincia di Agrigento, tenutisi sia in Prefettura che al comune di Racalmuto, sia il sottoscritto che l’allora deputato nazionale,On. Giuseppe Scozzari, non ci stancavamo mai di invocare accertamenti più accurati, facendo ricorso a più sofisticate operazioni di intelligence.

Messaggio, quello mio e quello dell'On. Giuseppe Scozzari che era teso a far puntare le attenzioni sui lavori pubblici ed in modo particolare, quelli di più rilevante importanza e tra questi, quello che allora spiccava di più era proprio il rifacimento della rete idrica comunale.

Progettata e diretta dall’ingegnere Angelo Cutaia che si avvaleva, forse suo malgrado, ma questo non ci è dato di conoscere, della collaborazione di Vincenzo Licata che aveva al suo seguito, come detto, Maurizio Di Gati.

Le mie sollecitazioni e quelle dell’onorevole Scozzari, culminarono nel 1998 in una interrogazione parlamentare rivolta all’ allora Ministro dell’Interno.

Le risposte da parte delle Forze di Polizia e della Magistratura, non tardarono a venire.

L’anno successivo, nel 1999, si scopre che i soggetti contro i quali avevamo puntato le nostre attenzioni, in particolare, subito dopo la scomparsa per lupara bianca del capo dell’ufficio tecnico Alfonso Delfino, vengono scoperti e smascherati, costretti a darsi alla latitanza prima dell’arresto.

Crediamo di avere dato un notevole apporto all’attività di contrasto, contro la mafia, nelle sedi inquirenti, in quelle penali, sollecitando anche interrogazioni parlamentari oltre che presso il Ministero dell’Interno.

Atti che tranquillamente possono essere riscontrabili, non solo attraverso la loro pubblicizzazione in articoli di stampa, ma anche interpellando l’On. Giuseppe Scozzari, i Prefetti dell’epoca e tutti quanti i comandanti delle Forze dell’Ordine della provincia di Agrigento, spesse volte all’uopo convocati in Prefettura.

Tanto è vero ciò che i risultati investigativi sono subito arrivati, crediamo anche grazie alle sollecitazioni ed alle informazioni, relative ai lavori pubblici in territorio di Racalmuto, quelli di notevole entità e, tra questi, su tutti, la rete idrica dove lavoravano Vincenzo Licata e Maurizio Di Gati, a fianco dell’Ing. Angelo Cutaia.

Era meglio, per me e per i miei figli, per il mio paese, che, anziché uccidermi adesso con, diciamo così, eufemisticamente parlando, con degli errati ricordi, mi avessero ucciso fisicamente allora, quando, da insospettabili ad insaputa della maggior parte di tutti quanti noi Racalmutesi , per lo meno, fino al 1999, sparavate mirando al corpo.
Adesso avete mirato all’anima, cospargendola della stessa merda, di cui fu cosparsa la mia scrivania, il mio ufficio di sindaco, nel giugno del 1995, dopo quattro mesi e mezzo dalla sospensione dal servizio del dipendente comunale, Beniamino Di Gati.
Mi fa pensare pure il fatto poi di traslare al 1997, la candidatura del medico Salvatore Lauricella che in verità, fu mio avversario nel 1993, e che per vostra stessa ammissione, era il candidato che avete sostenuto contro di me.
In realtà il mio avversario del 1997, fu il prof. Angelo Morreale, vecchia bandiera del Partito Socialista e nella cui squadra degli assessori designati c’era quello che sarebbe stato un nipote acquisito dei Di Gati, in quanto si sposò con la figlia di una sorella dei fratelli Di Gati.
Lo stesso nipote acquisito, verrà riproposto nella squadra degli assessori designati, dal Socialista On. Vincenzo Milioto, quando si è candidato a sindaco nel 2002, contro Gigi Restivo, da me sostenuto e poi risultato vincente.
Il Maurizio Di Gati ricorda male, si confonde, tra date e nomi di candidati a sindaco, dicendo che nel 1997 sostenevano me contro il Lauricella, quando il Lauricella, lo ribadisco si candidò contro di me nel 1993 e mi querelò quando fu mandata in onda una trasmissione su Teleakras, nel corso della quale io lo accusavo di essere vicino ad ambienti mafiosi.
Salvo poi a ritirare la querela, dopo che io vinsi le elezioni con mille voti di scarto, io da solo contro tutte le altre forze politiche di Centro, Destra e Sinistra, sostenuto dalla La Rete di Leoluca Orlando.
Io fui eletto con tremila voti, contro i duemila del medico Salvatore Lauricella.
Ed oggi sono qua, a leccarmi delle ferite mortali, a me inferte da soggetti che ho combattuto, denunciato e sconfitto, quando sparavano in mezzo alle strade.
A questi loro ultimi colpi più che di arma da fuoco, colpi di coda, sparati contro di me, del tutto ingiustamente, ci posso fare ben poco, se non fare parlare i fatti ed i documenti, gli atti e le relazioni che testimoniano ed attestano, in maniera inoppugnabile che se si vuole colpire mortalmente una persona, basta dire l’esatto contrario della verità e cioè che chi ti ha osteggiato, ti ha danneggiato deve necessariamente apparire come colui che ti ha favorito.
E Beniamino Di Gati, mio coetaneo e grande giocatore di calcio, grande mezzala, si è giocata la partita finale.
Bleffando e rovesciando i termini della questione:
Come poteva colpirmi nel migliore dei modi?
Ha nutrito 18 anni di odio e rancore nei miei confronti e forse molti di più, perché io stavo dall’altra parte della barricata.
E quando l’ho spedito a casa, licenziandolo per ben due volte, la prima il 25 gennaio del 1995 e la seconda ingiustamente, perché non era colpito da alcuna misura di prevenzione, nel 1997 ( tant’è che è stato reintegrato dal Giudice del Lavoro), mi ha colpito con una delle sue famose finte che io ricordo bene.
Non posso dimenticarlo, egli era un fine, sottile e furbo centrocampista, con la vocazione del gol, si smarcava a centrocampo dei suoi avversari e con i suoi millimetrici assist imbeccava l’attaccante di turno, facendogli piovere addosso la palla-gol o magari la metteva a segno lui stesso.
Ed io allora che curavo le cronache sportive per il giornale LA SICILIA di Catania, assieme al numeroso pubblico che seguiva la squadra di calcio A.S. Racalmuto, seguivamo le deliziose finte di corpo ed anche, a questo punto, possiamo dire, finte di mente, dell’eccezionale centrocampista del Racalmuto, Beniamino Di Gati.
Questa ultima finta credo che sia una delle sue magistrali trovate tecnico-tattiche e strategiche.
Del resto egli era uno stratega nei campi di calcio.
Una sorta di Annibale del pallone, con la vocazione a confondere le idee agli avversari, facendo apparire o sparire il pallone così come oggi tenta di far sparire delle verità.
Si studiava a menadito gli schemi per porre in essere delle precise simulazioni e dissimulazioni, ieri disorientava chi era costretto a contrastarlo, spesso inutilmente, a centro campo.
Oggi, tenta di sviare chi invece, lo deve contrastare al centro di una scena, in cui il protagonista dei suoi mali, necessariamente, per danneggiarlo irrimediabilmente lo deve per forza fare apparire, anche se sappiamo carte alla mano che non è così, come colui il quale lo ha aiutato.
Per punire un suo storico nemico, per forza di cose oggi egli deve affermare l’esatto contrario!
Non più finte di corpo ma delle finissime finte di mente!
Di infamanti, calunniosi ed agghiaccianti chiacchiere che hanno minato in profondità la mia condizione di uomo che non ha mai chiesto nulla a nessuno e che è stato, forse, semmai, solo e costantemente provocato e strumentalmente utilizzato a sua insaputa.
Da chi, è presto detto.
Uomini che da soli, o in compagnia, magari in combutta con soggetti insospettabili, che poi si sono rivelati, killer, mafiosi e/o pentiti, hanno tentato, ed ancora oggi forse ci provano, a rovesciare delle cristalline verità.
Mi riferisco alle verità, di chi come me, ha frontalmente ed in tutte le sedi lottato contro la mafia, rischiando la vita negli anni novanta, per poi essere colpito mortalmente in questi amari e tristi frangenti, di una mia ingiusta e grama quotidianità.
Quella di oggi, di una primavera ed un’estate della mia vita, ancora una volta tradita, colpita, cancellata, non si sa se per sempre, ed a futura memoria, da chi ha coltivato ieri quel tragico odio che sfociava in omicidi e stragi mafiose.
Ora ritengo che il tentativo è quello di dimostrare che anche colui il quale nulla mai ha chiesto, era succube di personaggi verso i quali ha solo nutrito sentimenti di compassione; non tanto per loro, ma per i loro figli, che ho avuto anche come alunni a scuola, e tutti i loro familiari, costretti a subire lutti ed ignominiosi apprezzamenti ed il completo disprezzo da parte della collettività racalmutese che, con fierezza, con orgoglio, con dignità, io ho rappresentato per oltre tredici anni nella qualità di sindaco.
Ed ho resistito contro il volere, anche di soggetti quali Maurizio e Beniamino Di Gati o Ignazio Gagliardo, rivelatisi quei mafiosi di cui non tutti riuscivamo o riuscivano a scoprirne la loro effettiva identità, compresi coloro i quali, ci lavoravano, fianco a fianco, gomito a gomito.
Mi riferisco a tecnici comunali ed esterni, funzionari ed imprenditori, colleghi d’ufficio di Beniamino Di Gati, ma anche a qualche organo inquirente da me sollecitato.


Come si fa a riconoscere un mafioso
Riguardo all’affidamento di un solo lavoro per un importo inferiore a cinquanta milioni delle vecchie lire che io diedi a uno dei dieci fratelli dei Di Gati, un tale Giuseppe Di Gati, preciso che, per analogia si possono citare le recenti sentenze del T.A.R. Sicilia a proposito dei ricorsi presentati da tre società Racalmutesi inibite nel partecipare a gare per lavori e servizi presso la pubblica amministrazione a causa di un provvedimento adottato dal Prefetto di Agrigento, contro queste imprese.

Nei provvedimenti di riabilitazione da parte del T.A.R. Sicilia, sezione Palermo, l’ultima pronuncia in tal senso riguarda la sentenza N°1129 del 2011, è contenuta la seguente motivazione che non basta essere fratelli di mafiosi per essere considerati per transitorietà mafiosi.
Allo stesso modo l’impresa di Giuseppe Di Gati, fratello di Maurizio e Beneamino Di Gati, non poteva da me a priori essere esclusa, essendo tra l’altro in possesso di regolare iscrizione nella camera di commercio, dove aveva prodotto regolare certificazione Antimafia.
A fronte di mille imprese affidatarie, come avrei potuto escluderla? Sarebbe stato strano se invece, tale ditta avesse avuto un rapporto preferenziale col Comune di Racalmuto vincendo magari diversi appalti, cosa che non è avvenuta come si evince dalla documentazione da me prodotta.
Stessa cosa dicasi per l’altra impresa citata nel provvedimento, l’ AR.LI. di Grotte, avendo anch’essa ottenuto un solo lavoro a fronte dei mille e più che si sono realizzati a Racalmuto.
Salvatore Petrotto

6 commenti:

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  2. Caro Petrotto tu dici che Gigi Restivo vince per l'arroganza dell'on. Milioto e che i Di Gati e la mafia hanno sempre sostenuto (secondo il tuo giudizio) il Partito Socialista e la Democrazia Cristiana. Nel tuo scritto non parli del periodo che va dal 2007 a oggi, l'ultima campagna elettorale dove sei stato eletto per la terza volta eri alleato proprio con Milioto ed una parte degli uomini della Democrazia Cristiana che tu accusi. Questo passaggio nel tuo scritto manca, dovresti spiegare un po' meglio. La domanda è questa: perchè l'allenza con Milioto nel 2007? Perchè nel 2007 il tuo giudizio su alcuni uomini politici è cambiata? Hai il dovere di spiegare anche quet'ultimo passaggio della tua vita politica.

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  3. le cose che leggo sono di una gravità inaudita la mafia che a ucciso in piazza sostiene propri referenti nel consiglio comunale candidandosi dentro dentro i partiti, con dirigenti di partito coinvolti prestanomi della mafia ma che ci vuole il prefetto a sciogliere il consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Questi loschi individui devono ritirarsi. qualcuno la gia fatto. Ma l'ex sindaco più volte ha detto che nel consiglio comunale ci sono infiltrazioni mafiose per questo a preso sembra una querela si dice, ha parlato di comitati d'affari. Uno schifo ieri e nessuno lo dice erano tutti accanto il commissario vergogna. Ma fanno più schifo loro che i pugni del cilio. destra sinistra centro su tutti la stessa minestra.

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  4. 20 consiglieri comunali, decine di assessori nominati in questi anni, tanti strateghi della politica che frequentano la piazza o le "alcove" del potere.
    Mi chiedo: davanti ad una disamina come quella fatta da Petrotto che tira in ballo pesantemente persone che tutt'ora ricoprono ruoli istituzionali, e possibile che nessuno di questi abbia niente da dire? Neanche gli interessati?
    Niente d confermare,o da smentire?
    Nessuno di questi si indigna o si compiace, anche in forma anonima se vogliono!
    Omertà totale.
    Il vero motivo per cui questi devono andare a casa e ritirarsi dalla vita politica è questa loro irrefrenabile necessità di essere i Don Abbondio della politica.
    L'unica cosa che riescono a fare è un'opposizione vergognosa al Blog di Sergio Scimè, convinti come sono che solo il silenzio li può salvare.
    Io dico che non li salvano neanche i Pompieri ormai!

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  5. Ricordo a petrotto che quello che oggi alcuni pentiti dicono, vero o falso, è stato detto e gridato dall'opposizione, negli novanta, da consiglieri comunali che oggi sono con lui...come la mettiamo?

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  6. alcuni consiglieri che erano sul palco della Madonna del Monte con il commissario pitralia hanno fatto ridere, loro non sono santi (incredibileeeeeeeeeeee), petrotto rispetto ad alcuni di loro è un santo. uomini che senza raccomandazione e gli euri di papa sunnu aranci di terra. memory

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