sabato 17 luglio 2010
Carmelo Mulè: Racalmuto non merita un bosco e ...
La storia infinita di un bosco, mai divenuto tale, sempre in embrione,non è altro che la storia infinita di un popolo il quale non riesce a creare e volere niente. Da una parte la buona società che non prende parte, dall'altra un manipolo di guastatori, in mezzo quelli che vorrebbero, ma non possono. Ora, infine ne è rimasto un piccolo pezzo,di bosco, e sono due le cose da fare: o lasciarlo incustodito e forse sopravviverà o ci vuole un volontario che la faccia finita. Questa è Racalmuto, PAESE DELLA RAGIONE,dove pochi hanno il sopravvento su tutti e tutto, bosco compreso. C'era una volata il West; c'era una volta Racalmuto, paese in cui la gente era educata, rispettare persino le pietra in mezzo alla via, era la parola d'ordine; rispettare tutto e tutti entro i limiti della decenza; al di fuori e senza bisogno di norme. Racalmuto: Oggi, chi sei? Tu paese dalle mille pretese, con tanto di Fondazione che non fonda, con il Teatro che non educa e diventa passerella per parvenu improvvisati, con Santa Chiara che puzza di cocaina, con castelli come scatole da prestigiatore, col niente,che inconsapevolmente proietta in un futuro farcito di mascalzoneria; e un popolo senza orgoglio pronto ad osannare l'imperatore di turno. Quanto è lontano quel tempo in cui c'era la promenade; la passeggiata a braccetto della gente, in un paese meno arretrato che adesso; quando i giovani apprendevano dai grandi e tutta la vita diveniva prosecuzione. Altro che Berlino, oggi, questo paese: muri di insuperabile ipocrisia, di invidia purulenta, di incocepibile rancore. Nemmeno un miracolo, scrive una persona che reputo amica, ma io speranzoso credo nei giovani, non in quelli che tendono la mano, ma in quelli che sanno che le rivoluzioni si fanno a vent'anni.
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