L'ingegnere Angelo Cutaia, proprietario del Castelluccio, ogni tanto apre le porte di questo antico castello offrendo delle visite guidate. L'altro pomeriggio, ho risposto con entusiasmo all'invito di visitare il Castelluccio, non che non lo conoscessi già, ma conosco Angelo Cutaia e la sua profonda cultura e so che è uno storico raffinato ed erudito, quindi mi fa sempre piacere ascoltarlo, pensando che avrei appreso qualcosa di nuovo; e non mi sono sbagliata! Lo trovo nel mezzo di un gruppetto di persone, composto da un paio di turisti francesi, alcuni provenienti da Roma, qualcuno da Vercelli ed altri dalle vicinanze, che mostra i resti visibili della masseria antistante. Illustra la struttura del castello, indica le parti originali e gli interventi di consolidamento del '700, il costone di sinistra con qualche pietra in bilico e quello di destra più basso, eroso dal vento, che ha smerigliato il gesso, infatti il Castelluccio è privo di sporgenze e modanature per resistere alla forza del vento. Quanta storia ci raccontano quelle pietre!
Quante persone sono passate, quanti banchetti, ricchi di cacciagione, sono stati consumati. La caccia, il castelluccio riserva di caccia, negli antichi documenti tutto il vallone viene chiamato “ foresta di Gibellina, defensa o parco”, questi termini sono stati importati in Sicilia dai Normanni e usati per designare riserve di caccia, avevano il significato giuridico di area venatoria protetta, ad esclusivo uso del re. Queste parole le sento pronunciare al dottor Filippo Sciara, uno degli ospiti di Angelo Cutaia, stimatissimo studioso di storia medievale e in particolare di epoca federiciana, collabora con l'Enciclopedia Treccani. Ci racconta che, Federico II aveva ereditato dai suoi antenati Normanni la passione per la caccia, questi avevano costruito attorno a Palermo dimore di caccia con le stesse caratteristiche architettoniche del nostro Castelluccio, tra le quali ricordiamo la Favara, la Zisa, la Cuba e il palazzo Caronia. Questa storia mi lascia perplessa, ma come non era una fortezza araba? Al Minsar? Un maniero posto a difesa della vallata? La definizione esatta che si legge sui siti accreditati è: “ maniero costruito dai saraceni come torre d'avvistamento e trasformato in fortezza dai Chiaramonte”. Così affermavano gli storici locali, così avevamo letto e trascritto più volte, ma gli studi attendibilissimi di Sciara collocano la costruzione del Castelluccio in epoca federiciana; anzi lui non la chiama mai fortezza, ma dimora, palazzo signorile. Lo dimostrano anche le dimensioni m. 19 x 29 è la base rettangolare, priva di torrioni, modulo costruttivo che ritroviamo in altri palazzi di caccia costruiti dai normanni.
Filippo Sciara in “ Federico II nei luoghi d'elezione fra battute di caccia ed esercizio del potere” ci informa che: “ ...Federico II possedeva una vastissima rete di dimore e riserve di caccia, anche negli angoli più remoti, luogo preferito per la caccia fu la foresta Magna Linaria, lungo la catena montuosa dei Nebrodi e dei Peloritani. Dentro le riserve si svolgevano importanti attività economiche -produttive, e la tutela di vastissimi possedimenti demaniali contribuiva a mantenere il naturale equilibrio tra flora e fauna...” . Uno studio approfondito delle fonti e le indagini sul territorio, hanno restituito ai luoghi ed ai monumenti federiciani l'originario ruolo di dimore e riserve di caccia. Queste venivano anche chiamate “ solacium o loca solatiorum” volgarmente sollazzi, in genere ubicati in zone panoramiche, ricche di vegetazione e di acqua. Dai documenti esaminati dal dottor Sciara risulta che sia il castello di Favara che il Castelluccio, così come altre strutture che presentano le stesse caratteristiche, sono da considerarsi dimore di caccia dell'Imperatore Federico II, tesi condivisa dal Centro Regionale per i Beni Culturali e Ambientali.
Il Castelluccio Gibilinis, costituisce un gioiello architettonico, visitabile e fruibile, grazie all'intervento dell'ingegnere Cutaia, che a proprie spese ne ha consolidato la struttura, ricostruendo il tetto, restituendogli la dignità originale e salvandolo da sicuro degrado, infatti molte costruzioni gemelle sono già diroccate o rase al suolo.
L'allegato reportage fotografico è stato realizzato dal fotografo Lillo Conte.
Iolanda Salemi
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