Alcuni amici mi hanno chiesto
come mai non abbia scritto alcun commento su Malgrado tutto, nella qualità di
ex Sindaco, sullo scioglimento del Comune disposto dal Consiglio dei ministri.
Quando nel 2002 venni eletto
Sindaco ovviamente non scrissi più sul giornale in cui per tanti anni mi ero
occupato di seguire la vita politica e amministrativa di Racalmuto. Non scrivo
più di questi temi neanche da quando non sono più Sindaco per la semplice
ragione che Malgrado tutto è sempre stato un giornale libero ed imparziale e le
mie considerazioni, dopo la mia esperienza politica durata 5 anni, potevano non
apparire tali. Mi è pertanto sembrato corretto in questi ultimi anni lasciare
ad altri il compito di informare i cittadini.
Approfitto oggi dell’ospitalità
del blog di Sergio per esplicitare la mia opinione, se può ancora interessare a
qualcuno.
Dopo aver letto i contenuti della
relazione della Commissione ispettiva, non posso nascondere un sentimento di
amarezza per un fatto traumatico che rischia di vanificare gli sforzi di
quanti, da trent’anni a questa parte, hanno tentato di fare di Racalmuto un
paese diverso dagli altri. Tutti quanti non ci siamo riusciti.
Amarezza dettata altresì da un giudizio
di responsabilità – oltretutto anche etica e sociale - espresso dai Commissari
che sarebbe riduttivo ritenere ricada esclusivamente sugli amministratori dell’ultima
legislatura ma su tutti quanti, consiglieri comunali – di maggioranza e di
opposizione -, assessori, sindaci – me compreso –, funzionari e dirigenti
pubblici hanno contribuito a governare Racalmuto negli ultimi vent’anni.
E dico 20, non perché la classe
dirigente precedente sia esente da responsabilità, anzi, bensì perché almeno a
partire dal 1991, quando le strade e le piazze della città si macchiarono di
tanto sangue, non è stato più possibile far finta di non sapere.
Superati i momenti di violenza,
dimenticati i lutti, “pacificato” il
paese con le armi e con i provvedimenti della magistratura, una sorta di
graduale e generale indifferenza, come rileva la stessa Commissione - ha
avvolto situazioni che prima sarebbero state considerate intollerabili e
avrebbero indignato.
Se scorriamo l’elenco di
contestazioni mosse dai commissari, degli episodi ritenuti sintomaci di una
forte compromissione dell’azione amministrativa appare evidente che si tratta
di atti, provvedimenti, comportamenti non isolati e quand’anche assunti da
singoli amministratori o funzionari, certamente frutto di una condivisione
politica, amministrativa, in alcuni casi sociale.
E non é un caso, a questo punto,
rilevare che numerosi esponenti politici continuano a cavalcare la scena da
trent'anni a questa parte: le responsabilità dei politici sono speculari a
quelle dei cittadini e della società che li esprime e che condivide o si gira
dall'altra parte allo stesso modo dei politici.
Probabilmente non tutto ciò che
la Commissione ha rilevato ha un rilievo penale e molte di queste vicende,
passate già al vaglio della magistratura ordinaria e della direzione
distrettuale antimafia, non hanno dato luogo ad alcun provvedimento giudiziario.
Ma le responsabilità – a vario
titolo -, del presente e del passato - recente, prossimo e remoto -, sono
molteplici ed ovviamente non tutte eguali, relative sia ad azioni che ad
omissioni e su queste potrà esprimersi, se riterrà di individuare ulteriori
profili di reato, l’autorità giudiziaria; su quelle che rilievo penale non
hanno a riflettere dovrebbe essere l’intera classe politica e le forze sociali
di Racalmuto.
Una corposa parte della relazione
è dedicata altresì a “pericolosi” rapporti di parentela di amministratori e
funzionari pubblici: parenti ed affini – oltretutto in un paese così piccolo -
non si scelgono, ma ciascuno di noi, ogni persona investita di pubbliche
funzioni può scegliere chi frequentare; ogni partito può scegliere chi
candidare alle elezioni; ogni sindaco può scegliere i propri assessori ed i
dirigenti dei servizi; ogni dirigente può scegliere quali forme adottare per la
selezione dei contraenti privati per l’esecuzione di lavori o forniture
pubbliche.
E’ sufficiente tutto ciò che i
Commissari hanno rilevato per sciogliere un Comune con un marchio così
infamante?
Basta leggere per intero l’art. 143 del decreto legislativo n. 267 del
2000 e la giurisprudenza che se ne è occupata per scoprire che probabilmente
basta anche questo: e ciò se gli elementi di valutazione raccolti sono
concreti, univoci, ripetuti nel tempo, anche se riferiti a fatti economici di
esiguo valore o a vicende che, ad un primo esame, non possano apparire
eclatanti, seppur non hanno dato luogo a provvedimenti della magistratura
penale.
E ciò in quanto i presupposti per
la sanzione dello scioglimento di una pubblica amministrazione per
infiltrazione mafiosa sono diversi da quelli necessari per l’avvio di un
procedimento penale, per l’applicazione di una misura cautelare o di una misura
di prevenzione.
Ribadisco pertanto che una parte
di responsabilità va condivisa tra tutti coloro che hanno amministrato questa
comunità: in assenza di una seria riflessione in questo senso da parte di tutte
le forze politiche, serve a poco marcare le differenze e far volare gli
stracci; utilizzare - al fine di affermare inesistenti verginità - le
conclusioni della commissione d'indagine, le dichiarazioni dei collaboratori di
giustizia, vecchie storie dimenticate - di cui peraltro si sono occupati, nel
silenzio di tutti, anche alcuni organi di stampa - può regalare un orgasmo
momentaneo, ma se l'imene è rotto, non basta il chirurgo plastico a risistemare
le cose. E mi scusino le donne per questa inopportuna metafora.
A breve si insedierà una
commissione che avrà il compito di governare il paese per i prossimi due anni:
mi auguro, perché ho avuto l'onore e il privilegio di amministrare questo paese
straordinario, che tutti i partiti e i movimenti, coloro che legittimamente
aspirano a divenire classe dirigente, coloro che seguono le vicende politiche
ed amministrative di Racalmuto pongano fine a questa lunga e strisciante “guerra incivile” che ha contraddistinto
gli ultimi vent’anni di dibattito politico.
Chi sceglie di candidarsi a
ricoprire la carica di consigliere, assessore, sindaco può e deve essere
criticato, ma finiamola una buona volta con le offese, il dileggio, la
diffamazione e le calunnie: solo con un po’ più di partecipazione e con un
confronto veramente civile, potremmo superare il peggio momento della nostra
storia che stiamo vivendo.
Gigi Restivo
ex Sindaco del Comune di Racalmuto
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