domenica 24 aprile 2011

Gli auguri di Buona Pasqua dell’arcivescovo di Agrigento


Montenegro: “Nella nostra terra solo parole”.
E ai giovani chiede di stare attenti ai falsi maestri

di Salvatore Picone

L’arcivescovo di Agrigento, prima di partire per Lampedusa, si è rivolto agli agrigentini. Lo ha fatto il venerdì santo, lo ha fatto stamattina incontrando i giornalisti.
E naturalmente Don Franco Montenegro non si è allontanato dalla realtà agrigentina.
“…di parole se ne dicono tante e non solo nelle stanze delle decisioni, ma anche per le vie – ha detto l’arcivescovo - Sì, si parla, si discute per trovare le giuste soluzioni, ma non si fa quel gioco di squadra che, invece, quando c’è, è sempre vincente. Anzi sembra che si preferisca la frantumazione.
Così non solo il tempo passa velocemente, ma si finisce col perdere le sfide, e si continua ad incrementare arretratezza, immobilismo, disservizi … Si vive da rassegnati, anche quando, è solo un esempio, ci troviamo agli ultimi posti nelle diverse classifiche. Come se non avessimo la possibilità e la capacità di ribaltare tali situazioni. Continuiamo a dire parole, ma non sappiamo cercare e trovare l’azione comune, la condivisione sincera di pensieri che ricercano il bene, il discernimento fatto insieme. È come se non si voglia cercare il coraggio per osare il dialogo. E così - non posso dire senza renderci conto, perché conto ci rendiamo,- cresce il clima di resa, di rinuncia e di sconforto. Sembra che per noi non ci sia futuro e che di questo noi non ne siamo responsabili”.
“E così le tante parole – ha continuato Montenegro - anche se velate di promesse, progetti, proposte, riescono a scardinare la fiducia, la volontà, la speranza… Rattrista poi sapere di tanti giovani che annegano nel mare spesso pericoloso di internet alla ricerca di sogni spesso fatali. Non sanno più alzare lo sguardo e restano sempre più incatenati dalla fredda solitdine regalata da un monitor. Chi sa se non è questa la causa dell’aumento vertiginoso dei cinque in condotta; dell’ esibizione di performance di ragazzi che singolarmente sembrano per bene ma che poi per una strana metamorfosi si trasformano in bulli, e fanno paura quando sono in “branco”.
Quale futuro per loro e per questa città se sembra che il massimo si rag¬giunga solo perché si ha in mano una bottiglia di birra e di vino, o la siga¬retta, o lo spinello che dà una momentanea ebbrezza? E poi, non capisco, - sto diventando anziano, Signore - quelle corse con l’acceleratore a tavoletta, che trasformano le nostre strade - già pericolose per la deformazione del loro manto e per buche sempre più profonde e larghe - in cimiteri di vittime giovani, colpevoli ed innocenti. Mi chiedo: sono problemi solo dei giovani o sono problemi di noi adulti. Dobbiamo solo lamentarci o fare qualcosa? Questi urli silenziosi non dovrebbero farci riflettere tutti, Signore. Perché si finge di non sapere? Perché non ci si chiede: ma io che posso fare per cambiare qualcosa?”.
L’arcivescovo parla anche della violenza e degli atti criminali avvenuti in provincia. E del forte disagio sociale. Un riferimento naturalmente alle vicende di Lampedusa e alla piccole croci costruite con i barconi degli immigrati. “Signore, per chiudere, voglio dirti grazie per quanto i lampedusani ci hanno insegnato e ci insegnano – ha detto il pastore della chiesa agrigentina - La responsabilità degli isolani di fronte ai fratelli - non importa se profughi, richiedenti asilo, immigrati - è stata più veloce di quelle dell’Europa, dello Stato italiano, del governo e delle varie Istituzioni”.
Un forte messaggio sociale insomma di Don Franco Montenegro che ancora una volta si rivolge alla comunità dell’arcidiocesi senza tralasciare i problemi di questa terra. Per concludere alla fine con un augurio sincero di buona Pasqua a tutti. Proprio a tutti.
Salvatore Picone

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