
BLOG DI VALERIA ROSSI
Emozione? Ma diciamo pure shock.
Ero sotto shock, ieri sera, quando è finita “Vieniviaconme”: una trasmissione fatta di parole, musica e cultura.
Nient’altro.Neanche una tetta. Neanche un culo.
Eppure non soltanto io, ma anche il figlio siamo rimasti attentissimi e svegli (non ci succede quasi mai davanti alla tv) ad ascoltare, a guardare ma soprattutto a pensare.
Incredibile, pensare davanti alla tv. Da quanti anni non succedeva?
Sì, a volte è capitato davanti a trasmissioni come Report, Annozero, Ballarò: trasmissioni che però si occupano di cronaca, di politica. Che sono un po’ come giornaloni illustrati in cui le illustrazioni si muovono, ma che poi parlano di cose che hai già letto e di cui hai già discusso per giorni. Forse ti dicono qualcosa di nuovo e forse quello che ti dicono ti fa ribollire il sangue: pensi, è vero, ma pensi in negativo. O ti incazzi e ti rovini la serata, oppure scuoti la testa rassegnato di fronte all’evidenza di poteri che non sai come combattere, di situazioni che non puoi cambiare. E allora, magari, cambi canale e spegni il cervello: ti assopisci con la tranquillizzante camomilla del filmetto leggero o della fiction in cui i buoni vincono sempre e i cattivi finiscono in galera, e capisci perché si chiamano, appunto “fiction”. Finzione.
Ieri sera non mi sono mai incazzata: anche se di motivi ce n’erano. Anche se la macchina del fango raccontata da Saviano, da un ragazzo onesto che ha scritto un libro contro la criminalità organizzata e per questo ora deve vivere sotto scorta, poteva far girare le palle ricordando tutti coloro che da quella macchina sono stati travolti. Ma il modo in cui se ne è parlato, più che far incazzare, faceva sperare.
Così come facevano sperare gli elenchi: tutti i termini usati per insultare un omosessuale, tutte le possibili “espiazioni” dell’omosessualità (evirato, stuprato, deportato), e poi l’elenco esilarante dei comportamenti che ti classificano come gay in certe zone d’Italia (mangiare il Calippo in pubblico, avere le unghie pulite, portare l’ombrello: quando piove, se sei uomo, ti bagni). La semplicità di un elenco che emerge con più forza di qualsiasi piece satirica, che riduce problemi sociali immensamente complessi alla piccolezza, alla miseria raccolta in quell’elenco di parole. L’omofobia è stata ridotta ai minimi termini: la sua immensa stupidità, il suo immenso vuoto sono emersi da soli, senza bisogno di tante spiegazioni. Solo una serie di parole che ti costringeva a pensare, a ragionare, a condannare senza mezzi termini.
Vieniviaconme è stata una trasmissione fatta di noccioli, di punti chiave, di semplicità e di essenza assoluta.
Parole semplicemente elencate, concetti espressi con candore, senza ricercatezze, senza fronzoli.
Poi c’è stata l’esplosione, l’irruzione di quella fantasmagoria bestiaccia da palcoscenico di Benigni: non una bestiaccia normale ma una tigre, un’orca, un tirannosauro da palcoscenico. Qualcosa di enorme e di dirompente, che ti tiene incollato allo schermo anche quando dovresti andare a pisciare: che ti fa sperare che arrivi la pubblicità, perché non puoi perderti un solo passaggio, ma nello stesso tempo ti fa sperare che la pubblicità non arrivi mai, perché lo ascolteresti per ore ed ore.
Che sfotta Berlusconi o gli italiani, che parli di Dante o che chieda a Sandokan come si può pensare di uccidere un uomo e lo inviti a scrivere un libro migliore di quello di Saviano, Benigni è un mostro di bravura. Ti fa ridere, piangere, pensare (pensare sempre, perché la comicità non è una barzelletta laida: la comicità è cultura, è uno schiaffo ai neuroni che stavano pisolando nei meandri del tuo cervello e che si svegliano tutti insieme al suono di una risata). Ti tiene lì agganciato con la manifestazione evidente del genio.
Grande, grandissimo, immenso.
Ma ieri sera, quando ha lasciato il palcoscenico, non ha lasciato il consueto vuoto: perché quel vuoto è stato subito riempito da qualcosa di altrettanto immenso: la musica, la cultura. La serenità di un Claudio Abbado che ti spiega la magia della musica e la bellezza della cultura.
E in tutto questo, non mi sono mai incazzata: non mi è mai capitato di pensare che il genio, la bellezza e la cultura siano destinate a crollare sotto i colpi di maglio di un governo scellerato. Ho pensato solo che finché ci saranno persone come quelle che abbiamo incontrato ieri sera, niente di tutto questo potrà mai morire. Ho pensato che c’è speranza. Che c’è un futuro.
Che si può anche “non andare via”, perché la cultura, l’intelligenza, il pensiero non sono ancora sconfitti.
L’ Italia non è ancora sconfitta.
Che altro si può dire, di una trasmissione così? Nient’altro, credo.
Che la tv possa darti emozione e speranza, che riesca a farti pensare, è una cosa talmente anomala per i nostri tempi che davvero sono ancora sotto shock. Mi vien voglia di gridare cose come “Eureka!” o “Eppur si muove!”. Ho la sensazione di aver assistito a qualcosa di epocale, anche se in fondo si trattava soltanto di una trasmissione intelligente.
E a pensarci bene, il fatto che una trasmissione intelligente appaia come un evento epocale potrebbe essere un nuovo motivo di incazzatura: ma preferisco metterla via, questa idea, e godermi ancora un po’ questa splendida sensazione di speranza e di possibilità di un futuro… almeno per tutti quelli che ieri sera hanno visto Vieniviaconme e non il Grande fratello.
Spero solo che siano stati tanti.
Oggi, almeno oggi, spero.
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