Ed a giusto titolo, il prefatore, Salvatore Di Marco, sottolinea come, in questa silloge “non ci troviamo davanti ad un “concetto” elaborato su istanze di razionalità speculativa, quanto davanti ad una “categoria” tutta poetica della sua liricità”.
Noi, per intanto, ci limitiamo a segnalare la vocalità di questo dialetto paterno, cioè di lucida consapevolezza, con cui il poeta siciliano dà vita ad un colloquio serrato fra la propria parola e la parola del mondo, ma con evidente riferimento alla condizione esistenziale dei siciliani.
Nel libro, in questa sede, oltre ad evocare la felicità di certi attacchi di alcuni suoi testi o dei momenti in cui emerge la pienezza lirica, ci piace, tra le 65 composizioni, citare le poesie “La rispittavu”, “Sali, un ti squagliari”, “Meno mali ca si mori”, “E fa puisia”, “Li jorna scurusi ora m’allustra”, “E’ la genti”, “Parivanu scurdati”, “Chiddru chi fu”.

Recensione di Pino Giacopelli http://www.literary.it/
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