Leonardo Sciascia se ne andò il 20 novembre 1989, vent’anni fa. Non “uscì dalla città cantando”, come l’“uomo della volvo” dell’ultima riga vergata con mano tremante per il suo ultimo libro, Una storia semplice. Né con la nostalgia ironica e pacificata consegnata alla scritta che volle sulla sua lastra sepolcrale: “Ce ne ricorderemo di questo pianeta”. Con strazio, piuttosto: lo stesso del Vice, il poliziotto che fu l’ultima sua controfigura nello struggente e lucidissimo testamento letterario e intellettuale de Il Cavaliere e la morte.
E come quel Vice che meditava su Dürer o su Montaigne, e che come lui scorgeva – ma non varcava, per coerenza, per rispetto – il “cancello della preghiera”, chissà se nell’ora della verità anche Leonardo Sciascia “pensò: che confusione! Ma era già, eterno e ineffabile, il pensiero della mente in cui la sua si era sciolta”.Vent’anni, tra poco, da quel giorno. Ma quanto durano vent’anni? Ben poco, quasi nulla, quando le generazioni si avvicendavano lentamente, e si assomigliavano perché si trasmettevano conoscenza e memorie. Tantissimo, ora che ogni generazione cancella la precedente, azzera la memoria. Trionfa, oggi, un eterno presente immemore e omologato; e sono scomparse figure di scrittori come Sciascia, autori di opere che erano necessarie perché aggiungevano sempre qualcosa, un nodo problematico o un dubbio perturbante, o un punto di vista imprevedibile. Non solo: è scomparsa la figura stessa dell’intellettuale, di chi interviene coraggiosamente, liberamente, anche a costo di sbagliare, comunque osando, per proporre verità taciute o rimosse, per svelare scenari occulti della realtà o della coscienza, per demistificare le certezze arroganti e gli slogan bugiardi del Palazzo.
Questo ci manca, per questo Leonardo Sciascia ci manca. E a colmare quell’assenza non basteranno certo rievocazioni e pubblicazioni; ma serviranno almeno a combattere l’oblìo, a tener vivo quel nome, a rileggere e far leggere quelle opere, a riascoltare e far ascoltare quella lezione di pensiero critico, di moralità, di stile.
Eccone alcune, di quelle occasioni di studio e di dibattito, già inaugurate a fine maggio da un bel convegno organizzato ad Amsterdam dall’università e dalla casa editrice Serena Libri che traduce e pubblica Sciascia in Olanda.
Dal 9 all’11 novembre, l’università della Sorbona con l’istituto italiano di cultura a Parigi e con la Fondazione Sciascia di Racalmuto terranno – ovviamente nella ville lumière eletta da Sciascia come patria ideale – un convegno su Sciascia a Parigi. Oltre a Giorgio Longo che l’ha organizzato e a un gruppetto di studiosi italiani vi prenderanno parte con testimonianze e interventi gli amici francesi di Sciascia, i suoi confrères da Dominique Fernandez a Maurice Nadeau, da Mario Fusco a Claude Ambroise. Sarà visitabile la mostra di fotografie di Sciascia, scattate da artisti come Scianna o Cartier Bresson, ospitata dalla Fondazione e intitolata “La Sicilia, il suo cuore”, che arriverà a Parigi da Colonia dove sarà esposta a ottobre.
Dal 19 al 20 novembre sarà la volta dell’università di Siviglia (la Spagna “nel cuore”, altra patria dello scrittore!), con l’incontro “Per un ritratto dello scrittore. Giornate di studi su Leonardo Sciascia”, organizzato da Miguel Angel Cuevas e Leonarda Trapassi, che vedrà la partecipazione – tra gli altri – di Vincenzo Consolo, Natale Tedesco, Maria Attanasio, Domenica Perrone, Mark Chu, Joseph Farrell, Daragh O’ Connell, Manuel Carrera, Rogelio Reyes.
E finalmente eccoci a Racalmuto, dove – tra il 28 e il 29 novembre – dopo vent’anni di convegni, rassegne, pubblicazioni la Fondazione Sciascia si accinge a varare un’inconsueta commemorazione. Intitolata a “Sciascia e l’Inquisizione” (che com’è noto è tema centrale nell’opera del nostro), l’iniziativa sarà bipartita tra presente e passato: alla seduta del 28 parteciperanno rappresentanti dei paesi del mondo ancor oggi sotto il torchio della tirannia e della censura, e seguirà un inedito documentario sul recente restauro dello Steri di Palermo, carcere dell’Inquisizione; l’indomani saranno, invece, storici e letterati a discutere dell’Inquisizione storica, del suo rapporto con la letteratura, delle tante pagine che Sciascia dedicò a quel tema.
E ci sarebbe tant’altro da dire: sulle iniziative che sia il Comune di Catania sia la Facoltà di Lettere della nostra università stanno preparando, o sulle prossime pubblicazioni edite dalla Fondazione. Tra queste, uno “Sciascia e la giovane critica” curato da Giuseppe Traina, che raccoglierà i contributi dei critici sciasciani “under 40”, che non solo arricchiranno ma certamente rinnoveranno le interpretazioni canoniche grazie all’intelligenza e alle nuove istanze di quei giovani studiosi, quasi sempre precari dell’istituzione universitaria, ma che talvolta valgono quanto o più dei loro vecchi maestri.
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