giovedì 10 settembre 2009

La stesura di un programma di svolta per la nostra comunità ...Salvatore Sardo


Nello scorso mese di luglio, in seguito alla misteriosa scomparsa del nostro concittadino Rizzo, l’arciprete Don Diego Martorana ha rivolto un appello ai consiglieri comunali. Don Diego scriveva testualmente:”…..uscite allo scoperto per creare un clima di collaborazione, allontanate la tentazione di interessi propri per cercare il bene della comunità…….”.
Non crediamo, con molto realismo, che la situazione economica, sociale, politica e culturale del nostro paese sia peggiore rispetto alle altre realtà della nostra isola; ma, non c’è da stare allegri lo stesso ( mal comune mezzo gaudio?).
La differenza sta solo nel modo in cui nel “contesto racalmutese” si è declinata la “Questione Meridionale” ovvero quel gap tra il Nord e il Sud del Paese.
L’ascarismo della classe politica siciliana di governo, prona, “per interessi propri” ai notabili nazionali di riferimento e in connubio con la mafia, come molte sentenze della magistratura hanno dimostrato ( esemplare la condanna di Totò Cuffaro per favoreggiamento a soggetti mafiosi e la sua umiliante rimozione da presidente della Regione) ha permesso la spoliazione della Sicilia e l’umiliazione della gran parte dei siciliani onesti.
La costruzione di un sistema politico-clientelare-affaristico-mafioso ed il relativo controllo della spesa pubblica a vantaggio di una classe parassitaria composta da politici, amministratori, burocrati, imprenditori, professionisti e perfino pezzi della chiesa cattolica siciliana è stata ed è la causa principale del fallimento dell’Autonomia Regionale e del deterioramento della realtà siciliana.
Molti siciliani onesti (eroi): magistrati, poliziotti, carabinieri, medici, imprenditori, politici, amministratori, preti che hanno osato sfidare questo sistema sono caduti; non invano però, perché il loro esempio è stato già raccolto dalle nuove generazioni che lottano per uscire da questa gabbia.
E’ chiaro che questo sistema politico-clientelare-affaristico-mafioso è stato presente anche nel nostro paese!
Solo se viene fatta un’analisi onesta della nostra realtà è possibile “uscire allo scoperto” e assumersi le proprie responsabilità, come auspica il nostro arciprete.
E il detto evangelico “chi non ha peccato scagli la prima pietra” non deve essere una scusante per un perdono generalizzato.
A cominciare dagli anni 80 del secolo scorso, quando l’allora Assessore Regionale ai Lavori Pubblici Totò Sciangula diede inizio all’accelerazione della spesa regionale per opere pubbliche anche nel nostro paese si iniziò a concepire opere faraoniche quanto inutili e spesso dannose. Quasi sempre i soci dell’operazione erano l’assessore regionale che finanziava l’opera, il progettista (quasi sempre direttore dei lavori) che compilava il progetto e che doveva chiudere un occhio durante l’esecuzione dei lavori, l’amministratore locale che dava l’incarico al professionista e sceglieva il sistema di gara ( quasi sempre la licitazione privata) e l’impresa appaltatrice che pagava la tripla tangente: al politico regionale, al politico locale e alla mafia locale che imponeva anche la manodopera e i subappalti.
Con questo schema sono state concepite la Racalmuto-Milena, la Ferraro-Castelluccio, la strada della Mulona, la Rete Idrica (in questo caso i lavori sono stati eseguiti direttamente da un’impresa mafiosa) ecc.
Questo paese ha visto scomparire ( lupara bianca?) il capo dell’U.T.C. Alfonso Delfino, ufficio chiave nel controllo degli appalti pubblici e nella gestione del territorio.
Ha assistito attonito alle stragi mafiose degli anni novanta e alla salutare reazione dello Stato dopo i pentimenti dei collaboratori di giustizia.
Non si è riusciti, da oltre 25 anni, a revisionare il P.R.G. , strumento essenziale per lo sviluppo economico – sociale del paese, preferendo procedere per varianti urbanistiche a vantaggio di alcuni.
Solo da qualche mese è stato approvato il Piano Particolareggiato del Centro Storico relativo al quartiere Fontana per dare la possibilità ai cittadini di intervenire legalmente nel centro storico e impedire che con sotterfugi ed escamotage si continui a distruggere, come è stato fatto in passato, il restante tessuto urbanistico e favorire la speculazione.
Certo, non tutto ciò che riguarda il passato è da buttar via. Si deve dare atto che opere simboliche
ed essenziali per lo sviluppo del nostro paese sono state portate a termine: mi riferisco alla Fondazione
Leonardo Sciascia, al Teatro Regina Margherita, al Castello Chiaramontano, all’ex Macello comunale,
all’ex Ospedale, alla metanizzazione, sebbene parziale, del paese ecc…
Dopo l’arresto dell’ex assessore ai lavori pubblici Luigi di Naro e l’azzeramento della Giunta Comunale, il paese sta vivendo una grave crisi amministrativa; siamo arrivati ad un bivio: o si opera un cambio di passo oppure saremo risucchiati nel nostro non edificante passato! Dobbiamo fare tesoro della pregressa esperienza e tutti assieme, classe politica, società civile, intellettuali, chiesa, forze dell’ordine, burocrazia comunale, avere il coraggio di immaginarci un futuro diverso e lavorare, come si augura l’arciprete, per “il bene della comunità”.
Lavorare per il bene comune vuol dire approntare un “programma amministrativo” nell’interesse della città e impegnarsi a realizzarlo.
La nuova giunta, quando sarà nominata, dovrà sapere cosa dovrà fare, verso quali obiettivi indirizzare gli sforzi; dovrà dialogare con i cittadini e saperne rappresentare le legittime aspirazioni.
Ecco, dunque, la necessità di aprire un dibattito pubblico sul futuro del nostro paese: invito, pertanto, tutti i racalmutesi ad intervenire , con qualsiasi mezzo, per suggerire idee, proporre soluzioni, contribuire alla stesura di un programma di svolta per la nostra comunità.
Per conto mio, al più presto, mi adopererò per dare, nella qualità di consigliere comunale, il mio modesto contributo.

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