Marco Pannella, sabato e domenica scorsa ha preso parte ai lavori del convegno organizzato a Palermo dall’associazione “Amici di Leonardo Sciascia” 1961-2011, mezzo secolo con il Giorno della civetta”. Quella che segue è l’intervista che Pannella ha rilasciato al “Giornale di Sicilia”.
“Tutta l’opera letteraria di Leonardo Sciascia è impostata su due pilastri: la legge del diritto e la giustizia. Il suo “Morte dell’Inquisitore”, del quale nessuno parla, è il testo che, per stessa ammissione di Sciascia, gli era più caro. Una condanna forte della repressione della libertà del pensiero, in un libro denso del problema giustizia e diritto, un lavoro e un credo che vanno ricordati nel momento in cui si celebra a Palermo, per opera dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia il cinquantenario de “Il Giorno della civetta”.
A parlare è Marco Pannella che fu molto vicino allo scrittore di Racalmuto, tanto da convincerlo, nel 1979, a candidarsi con i radicali, proprio quando, dopo una breve esperienza con i comunisti, Sciascia sosteneva di aver chiuso con la politica.Giacinto Pannella detto Marco (Teramo, 2 maggio 1930) è un politico e giornalista italiano, che si definisce radicale, socialista, liberale, federalista europeo, anticlericale, antiproibizionista, nonviolento, e gandhiano. Leader nonviolento del Partito Radicale Nonviolento Transpartito Transanzionale.
Come ci riuscì, Pannella?
“Perché conoscevo le sue idee, che condividevo ed apprezzavo: la certezza della parola, della libertà, della legge. La sua visione del mondo era quella degli illuministi francesi, Voltaire in testa. Per la sua terra Leonardo aveva un amore profondo e viveva di un’attenzione direi antropologica la realtà culturale, morale, religiosa, che attraversava le vicende sociali e storiche dell’Isola”.
“Perché conoscevo le sue idee, che condividevo ed apprezzavo: la certezza della parola, della libertà, della legge. La sua visione del mondo era quella degli illuministi francesi, Voltaire in testa. Per la sua terra Leonardo aveva un amore profondo e viveva di un’attenzione direi antropologica la realtà culturale, morale, religiosa, che attraversava le vicende sociali e storiche dell’Isola”.
Il suo rapporto personale con Sciascia?
“Un uomo dal quale prendere consiglio. Me lo sono trovato vicino in momenti difficili della mia vita e di quella del Paese. Sapeva ascoltare e non mancava mai di dare risposte sincere”.
“Un uomo dal quale prendere consiglio. Me lo sono trovato vicino in momenti difficili della mia vita e di quella del Paese. Sapeva ascoltare e non mancava mai di dare risposte sincere”.
“Il Giorno della civetta”?
“In quel libro vivono le sue idee, le sue speranze: la grande richiesta di legalità, di certezza delle regole, la speranza dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge. E il grande impegno sociale nella denuncia della realtà mafiosa”.
“In quel libro vivono le sue idee, le sue speranze: la grande richiesta di legalità, di certezza delle regole, la speranza dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge. E il grande impegno sociale nella denuncia della realtà mafiosa”.
Di certo Sciascia non amava il potere…
“Era cosciente, cosa che appare in tutta la sua letteratura, che dalla tragedia greca a quella siciliana, è il potere che rende folli gli uomini. Questa è la grande tragedia umana nella storia. Quando il presidente della Repubblica Napolitano dichiarava il 28 luglio di quest’anno la prepotente urgenza di risolvere il problema della giustizia e delle carceri, indicandoli come motivo di umiliazione, rispetto all’Europa e al mondo, a parte il fatto che di quella prepotente urgenza ancor oggi si sa molto poco, sono emersi degli straordinari documenti dei direttori delle carceri che, indiscutibilmente, sono di chiara ispirazione sciasciana”.
“Era cosciente, cosa che appare in tutta la sua letteratura, che dalla tragedia greca a quella siciliana, è il potere che rende folli gli uomini. Questa è la grande tragedia umana nella storia. Quando il presidente della Repubblica Napolitano dichiarava il 28 luglio di quest’anno la prepotente urgenza di risolvere il problema della giustizia e delle carceri, indicandoli come motivo di umiliazione, rispetto all’Europa e al mondo, a parte il fatto che di quella prepotente urgenza ancor oggi si sa molto poco, sono emersi degli straordinari documenti dei direttori delle carceri che, indiscutibilmente, sono di chiara ispirazione sciasciana”.
Chi ha una certa età ricorda la lotta per liberare il giudice Giovanni D’Urso rapito dalle Brigate Rosse
“In quel periodo il deputato Sciascia era giorno e notte a “Radio Radicale” per convincere le Brigate Rosse a non assassinare D’Urso, come Moro. Una pagina che dimostra la straordinaria forza di Leonardo, come quella di un grande poeta civile. Di questi uomini, nel nostro paese, ne nasce uno ogni secolo”.
“In quel periodo il deputato Sciascia era giorno e notte a “Radio Radicale” per convincere le Brigate Rosse a non assassinare D’Urso, come Moro. Una pagina che dimostra la straordinaria forza di Leonardo, come quella di un grande poeta civile. Di questi uomini, nel nostro paese, ne nasce uno ogni secolo”.
(*intervista a cura di Carmelo Nicolosi pubblicata su "Il Giornale di Sicilia")
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