venerdì 4 ottobre 2013

Ma l'umanità dov'è? La storia di Akil 23 anni: "anch'io ero morto"

Mi chiamo Akil e sono un ragazzo somalo di 23 anni, scappato dalla guerra, il mio paese vive sotto i colpi che insanguinano le mura delle nostre povere case,l'unica cosa che potevamo fare tutto il giorno è stare accucciati in un angolo di casa e sperare che ad ogni colpo la nostra casa rimanesse in piedi e il nostro cuore rimanesse vivo. Ma ad ogni colpo  sapevo che là fuori  ,un mio fratello probabilmente non sarebbe mai  tornato,allora ad ogni colpo era un nuovo lutto. Pensai che mio figlio meritasse di meglio.
Un giorno sentii parlare dell'Italia, dissero che era il paese dell'arte, della cultura, della democrazia, dissero che Roma era stata la capitale del mondo e che lì si trovava il Papa, dissero che Venezia era romantica e io sognai per un attimo di portarvi la mia sposa, mi dissero anche che l'Italia era bella,che accoglievano tutti e che il lavoro non mancava che addirittura si poteva scegliere tra il raccogliere pomodoro o magari anche l'uva, la cosa più bella che in realtà scoprii è che gli italiani erano calorosi, che avevano un grande cuore e che saremmo stati considerati fratelli, un giorno forse anche cittadini.
Per raggiungere questo posto meraviglioso bastavano tre giorni di viaggio e tutti i miei averi, ho venduto tutto, lo ammetto ho dovuto pure rubare per potermi pagare il viaggio, ma alla fine io partivo e per me era un sogno, un sogno che si avverava. Sul barcone stipato tra tutti gli altri,mi bruciava la gola per la sete e volevo pure piangere come quel bambino appoggiato al mio braccio che tanto mi ricordava mio figlio, ma dovevo resistere non potevo morire io meritavo ben altro, tutti noi volevamo altro non certo morire. I bambini piangevano per il freddo, avevo freddo anche io e per riscaldarmi il cuore pensai a mio figlio e a mia moglie, allora sorrisi e pensai che un giorno l'avrei portata a Venezia. Qualcuno intanto accese un fuoco, le mani si avvicinavano per scaldarsi... dopo non ricordo più nulla, solo grida e paura, ma io non avevo più freddo e vedevo tutti gli altri  compagni sul mare some se fosse letto, letto di morte e anche io ero morto. 
Mi dispiace non aver vissuto di più, mi dispiace di non aver visto L'Italia, io adesso immagino solo navi migliori, più grandi, con l'acqua e il pane. Magari senza frontiere, d'altronde il mondo è di tutti non ci sono certo confini, l'Europa lo sa, l'Italia lo sa.  
So che gli italiani adesso saranno dispiaciuti per quello che è successo a me e ai miei compagni, ma loro non rimarranno fermi essendo persone dal grande cuore, adesso i politici le costruiranno queste navi... io in realtà non ho mai capito nulla di politica,ma penso che non ce ne sia stato mai bisogno è facile capire che il mio popolo necessita di aiuto, io so che gli italiani ci aiuteranno, così magari mio figlio potrà andare a scuola e mia moglie potrà vedere Venezia e io continuerò ad amare l'Italia che lo sentivo già paese mio.                              
Serafina Macaluso

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