domenica 18 maggio 2014

Dentro la Sicilia, dentro l’animo umano. Franco Carlisi espone in Umbria e Toscana

Il rito matrimoniale è il luogo figurato in cui la famiglia ha origine, in cui il privato si scinde dal pubblico, in cui si stabiliscono i confini che separano dall’estraneo. È il momento in cui il sacro si manifesta, insomma, assumendo una forma istituzionale che conserva però la cifra spirituale dell'unione.
È sacro, come la stessa etimologia indoeuropea ci informa, ciò che è separato dal resto, ciò che risiede in uno spazio suo e che va tutelato nel tempo. Anche gli album di matrimonio rientrano nel rito: sono testimonianza dell’evento collettivo in cui tutti i presenti assistono al passaggio dal pubblico al privato. È per questo che essi seguono certe scontate modalità che si sostanziano nelle stesse foto, nelle stesse pose, nelle stesse sequenze, negli stessi cliché. L’enorme libro fotografico farà parte degli oggetti sacri della famiglia;per tal motivo solitamente è conservato con estrema cura, è maneggiato con particolare riguardo, è mostrato con estremo orgoglio. In qualità di amici siamo spesso “costretti” a guardarlo, ma lo sfogliamo con noncuranza malcelata perché in fondo sembrano tutti uguali. Siamo disattenti perché ogni immagine è prevedibile, persino ovvia. L’album d’altronde è espressione del lato pubblico dell'evento, quanto gli altri potranno vedere in seguito: la patina, l'esteriorità, la facciata, l’apparenza. L’essenza rimane nascosta e difficilmente emerge. Affinché questo accada bisogna avere la fortuna che al rito partecipi un fotografo affetto da mania: quella divina follia che proviene dalle Muse e consente di interpretare la lingua sacra. Qualcuno come Franco Carlisi, insomma: un intermediarioin grado non soltantodi farsi portavoce dei significati reconditi e delle emozioni intime, ma anche di riformulareil pensiero privato in un discorso collettivo.Chi sfogliaIl valzer di un giorno, chi ne osserva le fotografie, chi si immerge nelle esistenze narrate attraverso le immaginiscopre la Sicilia, le sue tradizioni, i suoi modi, le sue usanze, i suoi volti ma avverte anche e soprattutto la radicalità del rito matrimoniale.Qui nessuna immagine è prevedibile o scontata, ognuna lascia aperto uno spazio di riflessione e ferisce alla maniera di Barthes. Persino Andrea Camilleri non può che riconoscerlo: «Le immagini di Carlisi non mostrano mai il rituale ufficiale e patinato di ogni matrimonio, il prete che benedice, lo scambio degli anelli, il gruppo di testimoni, no, fortunatamente niente di tutto questo».
Il valzer che ci accompagna è un dolce oscillare dello sguardo dentro il tempo dell’evento: un presentepronto a essere consegnato ai discendenti, mapartorito da unprima, di cui ogni immagine sembra volerci in segreto riferire, e apertoa unpoi, ignoto e per questo forse anche temuto. Così d’un tratto la musica ha inizio, i volti parlano e le cose fanno rumore, i silenzi irrompono e il vocio emerge, la natura partecipa e gli edifici cantano, i bambini giocano e i morti raccontano,i vecchi guardano e i giovani sperano.E poi ci sono le mani: mani piccine, mani adulte, mani anziane, mani giovani, mani che sistemano, che stringono, che sfiorano, che pregano, che danzano, che cercano, che incontrano, che brindano, che dicono, che piangono, che amano.Ogni fotografia di Franco Carlisi s’incammina per i rivoli di questo fiume temporale di andirivieni che è il giorno del matrimonio, donandoci l’interezza della sua complessità. Un’aria di sincerità e di autenticitàaccompagna la lettura, aiutata dagli indizi che l’autore ha disseminato ovunque. Il bianco e nero, il mosso, lo sfumato divengono modi per sollecitare lo sguardo a guardare in direzione del vero e a smuovere dalla fissità ciò che è all’apparenza immobile; invitano ad andare oltre per vedere dentro. Dentro la Sicilia, dentro l’animo umano.


Giusy Randazzo

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